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Oggi ci siamo svegliati alle 7:30, per ci siamo alzati alle 8 e qualcosa. Un po a turni a dire il vero, perché c’è sempre chi prima di tutti sta già in cucina a fare colazione. Alle 8:30 i ragazzi partono a visitare il Monastero di Barsana, dove gli altri gruppi sono già stati, e in seguito il Museo delle Vittime del Comunismo. Rinunciamo al cimitero gaudio per poter completare il percorso in questa giornata. Io nel frattempo accompagno Filippo e Ale, staff, e Isabella, che tornano oggi a Roma. Ci rivediamo tutti a casa verso le 14:30. Facciamo un pranzo al volo: pasta con sugo di pomodoro arricchito con gli avanzi del barbecue della notte prima. Ripartiamo subito per Craica, per un ultimo saluto ai bambini… i pianti non sono affatto assenti.

Al rientro a casa, verso le 17:30, ci aspetta un ultima attività: la lettera finale e la lettera a sé stessi. 

Cari ragazzi, la fine della vostra esperienza è praticamente arrivata. Non vorrei che queste righe siano troppo estense, quindi cercherò di essere sintetico. Finite queste righe starà a voi mettere per scritto, rivolgendovi a voi stessi, ciò che vorresti che di questo viaggio non vada perso, tutto ciò che magari, in un momento di smarrimento della vostra vita, di mancanza di fiducia in voi stessi, vorresti sentirvi dire.

Avete donato ciò che di più prezioso ogni essere umano ha: il vostro tempo, qualcosa che una volta dato non torna più. E lo avete fatto non tramite semplici azioni, ma lo avete fatto con amore. Ecco il primo invito: fate le cose con amore. Il dovere nella nostra vita ha una sua importanza, anzi è importantissimo, ma solo l’amore è in grado di trasformare la più minuscola azione o la più ordinaria realtà in qualcosa di immenso e di straordinario. È questa la miglior medicina contro l’esperienza della routine, come qualcosa che ti appiatta e in fin dei conti ti porta alla noia. Mettete dell’amore in ogni vostra azione: quando guardate, quando parlate, in ogni gesto che compiate, metteteci dell’amore… questo vuol dire vivere la carità che va ben oltre del volontariato. Non è compiere solo un azione esterna a te, ma è riempirla di tutto te stesso, di tutto l’amore del quale sei o puoi essere capace. A volte capita di capire il senso profondo delle cose proprio nelle piccole azioni fatte con amore.

Oltre fare tutto con amore, cerca di fare dell’amore la misura delle tue scelte. Come posso amare di più? In quale scelta potrò crescere nell’amore? L’amore, quello vero, non include i calcoli, i calcoli dividono, restano, in amore ciò che doniamo si moltiplica, per gli altri, e per noi stessi. Ma ricorda sempre che l’amore è vero finché parte anche dall’amore, quello giusto e non quello egoistico, verso te stesso. È vero se si realizza nella libertà e ti porta alla libertà. Non c’è niente di più lontano dall’amore che il possesso, persino più dell’odio. Possedere uccide l’oggetto posseduto, lo fa morire, non lo lascia fiorire, lo limita nei suoi schemi. L’amore sprona alla crescita, al fiorire, ad un’esperienza di pace. Il non amore, il possesso, crea un senso di dipenda e di colpa. Fai attenzione sia nel amare che nel accogliere l’amore. 

L’amore ti può far soffrire, ma non ti fa male, ti può fare del male, ma non ti fa male. so che è un po difficile da capire, ma ricorda che dal momento in cui ci metti il cuore, lo esponi, ti rendi “disponibile” a essere ferito, a soffrire, perché di fatto chi ama si rende vulnerabile. Amare è rendersi vulnerabili, e quindi ci mette nella possibilità di soffrire, o di essere feriti. Ma l’alternativa è chiuderti, chiudere il proprio cuore in una gabbia, anzi in una stanza senza porte o finestre, e lasciarlo morire, marcire, indurirsi: chi non ama non vive, o quanto meno non una vita vera. 

Ma per poter amare, per poter fare dell’amore il motore della tua vita, ricordati che è fondamentale farlo da chi tu sei, dalla fedeltà a te stesso, perché è quell’amore unico che solo tu potrai dare. In effetti ci sono persone che solo tu puoi amare, ferite che solo tu puoi aiutare a guarire, lacrime che solo tu puoi asciugare, lamenti che solo tu puoi ascoltare, parole che solo tu puoi pronunciare, sguardi che solo tu puoi incrociare, mani che solo tu puoi stringere, abbracci che solo tu puoi dare, gesti che solo tu potrai fare, insomma, se tu non ami essendo te stesso e non una caricatura di ciò che tu sei, perdi tu e perdiamo tutti. Sai perché è importante che tu ti doni, che tu possa amare, che tu possa dispiegare il più pienamente possibile chi tu sei, tutto ciò che di bello e buono e vero che hai? Perché tutto ciò che tu sei è unico, non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai uno come te. Tutte quelle cose che di te non vanno, o pensi non vadano, tutte quelle realtà a cui dai il potere di terminare se sei adeguato o meno, se c’è la farai o meno, tutte le tue ferite, le tue sofferenze, tutto ciò che di te non capisci, e tutto ciò che di questa vita, del futuro, ti fa paura, non è mai più grande di te. Tutto ciò che questa vita, in un modo o nell’altro ti metta davanti per affrontare, fidati, ce la puoi fare.

Nel cercare l’amore nella vostra vita, quel fare le cose per e con amore, includete la ricerca di ciò che è bello, di ciò che è buono, di ciò che è vero, e vedrete che non sbaglierete. E prima di tutto cercate quel bello, buono e vero in voi. Non date ascolta a quei pensieri, quelle parole, quelle idee che ti male-dicono, che dicono il male di te. Ascoltare la voce dell’amore vuol dire ascoltare ciò che di bello e buono hai. Viviamo sommersi in una narrativa dell’apparenza, della concorrenza, del successo ad ogni costo, dell’attivismo senza senso. Se esse diventano la misura della tua vita, di chi tu sei, prima o poi sarai perso, non siamo degli automati o dei robot. Tocca capovolgere questa narrativa e guardare te stesso con amore. Gli occhi dell’amore, quello vero, quello che ama perché conosce e conosce perché ama, non si chiudono a ciò che di noi magari non va, ma non ci riducono neanche a ciò. Gli occhi dell’amore dicono il bene di te ed è così che ci dobbiamo vedere.

Infine, come sempre, un consiglio: non lasciare inascoltata quella parte di te che ha bisogno di una risposta infinita, di qualcosa che niente in questa vita, per quanto bella, ti può dare. Il nostro cuore, non mi chiedere il perché, è fatto per un amore che è sempre più grande, e che ci piaccia o meno nessun amore umano basterà per colmare. Cerca di dare un’opportunità a Dio quale Padre amorevole. Lui davvero non ci lascia mai soli, e sta solo aspettando che tu ti apra, che tu lo ascolti, per farti vedere l’eternità del suo amore, la sua incondizionalità, quel amare senza pretese, quel amarti così come sei. Niente della tua vita è indifferente per Dio, tutto lo abbraccia e tutto lo può trasformare, persino le tue sofferenze più grandi.

Finita la lettera, i ragazzi si distribuiscono in vari spazi di casa. Alle 19:10 partiremo verso la messa, e subito dopo in ristorante per la cena finale… torneremo a casa tardi, dovremo sistemare un po, fare le valigie, e iniziare i saluti… ci si rivedrà durante l’anno, e speriamo tutti, nella prossima missione o in Romania, o Perù, o Rwanda!

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Avremo voluto riposare un po di più. Ma ce ne siamo accorti che non possiamo partire se la centrale non è non solo finita, ma anche in ordine e pulita. Oggi ci aspetta una giornata bella carica. La sveglia si mantiene come sempre alle 7 anche se con il passo dei giorni è slittata di qualche minuto, oggi concretamente li abbiamo svegliati alle 7:20, complice anche la nostra stanchezza. Diamo l’ordine di prendere un caffè al volo e mettere a posto il disordine della notte prima. Verso le 7:50 e senza aver ancora fatto colazione siamo tutti sotto il gazebo per l’ultima conferenza del viaggio, che più che una conferenza è una condivisione a senso unico. Alla comunicazione di concetti o idee si alternano esperienze personali, di altre persone senza mai fare nomi, o anche storie che aiutano a rendere il tutto più concreto. Ecco l’esercizio fondamentale che poi cerchiamo di fare nei gruppi di riflessioni ma anche quando i ragazzi hanno momento per meditare personalmente e magari anche scrivere, è dare un nome o rendere concreto nella propria vita quelle idee o pensieri che in linea di massima tutti condividiamo. 

Il tema di oggi è molto pretenzioso: l’amore. Definire l’amore in una chiacchierata è impossibile, e rischierebbe di essere riduttivo, quindi superficiale. Quindi più che definizioni si potrebbe parlare di tracce o caratteristiche, devo dire per esperienza abbastanza condivisibili. Si parte di un invito a concepire l’amore non solo come sentimento e quindi preda delle instabilità personali, ma come un’azione e come tale una scelta. Noi scegliamo di amare. Poi proviamo a condividere dei pensieri sull’amore più bello possibile: è incondizionato, e quindi si dona a prescindere, non prende le misure ne fa i conti. Non pretende ma si dona. Non è condizionato al ricambio o risultati o gratitudine di chi è il “benefattore” di questo amore. Rende liberi, cioè parte da una scelta libera. Nessuno che ami veramente lo fa perché si sente costretto a farlo. Allo stesso tempo rende libero, non costringe l’altro, non lo si fa con le aspettative che l’altro risponda come vorrebbe l’amante. Nell’amare qualcuno lo si lascia libero, e l’altro fa quest’esperienza di libertà, di poter dire anche di no. Questo è fondamentale, poiché mette da parte i sensi di colpa, il sentirsi oggetto, o un possesso. Ecco se l’amore è libertà, allora l’amore non è possesso. L’amante vuole il bene dell’altro, e quindi nel lasciarlo libero lo sprona a tirare fuori sé stesso, prima ancora lo lascia essere sé stesso. Chi è veramente amato può fiorire, nella libertà e nella gioia di poter essere fedele a sé stesso senza che questo metta “a rischio” il sapersi e sentirsi amato e “valorizzato”. 

Subito dopo la conferenza i ragazzi fanno la colazione mentre alcuni vanno in clinica a farsi il tampone antigenico per partire domani (un gruppetto di tre che devono partire un giorno prima degli altri). Oggi praticamente tutto il gruppo concentra i propri sforzi in centrale, c’è da finire i disegni, pulire un po ovunque, ma soprattutto tagliare tanta legna, legarla, mettere in ordine il giardino e liberare lo spazio necessario affinché i bambini in settimana possano venire a giocare. Un gruppo di tre ragazzi invece rimane dietro insieme all’ingegnere che segue la costruzione del dormitorio per costruire una struttura in legno che servirà per la struttura in metallo, il cemento e le pietre che costituiscono le fondamenta. Verso le 14:00 sono tutti di nuovo a casa, si mangia in fretta, alcuni lavano, altri riposano, ma tutte le ragazze alle 15 si radunano insieme a me per l’ultima chiacchierata di gruppo. Verso le 16 iniziano ad arrivare i bambini di Craica, e sono più delle altre volte, almeno una sessantina. Tutti quanti fanno il bagno nel fiume e un ora dopo tornano da noi per la cena. Abbiamo preparato loro un barbecue, ovvero un po di carne, patate bollite e dell’insalata. I bambini ovviamente sono nel settimo cielo, è tutta festa per loro! Ci lasciano verso le 18:30 e c’è ne accorgiamo di tutto il disastro che c’è a casa: cibo per terra, spazzatura ovunque, qualche bicchiere rotto… però alla fine siamo in tanti, e pulire non è un problema.

Verso le 20 finiamo di mettere a posto tutto. Visto che domani una dei partecipanti torna in Italia, decidiamo di fare la “dinamica” del “bene-dire”. Nelle riunione di gruppi a ognuno dei ragazzi è stato assegnato, a caso, uno degli altri ragazzi, e così anche per le ragazze. Il “gioco” consiste nel benedire la persona assegnata a ognuno, ovvero dire il bene esplicitandolo con un esempio di qualche situazione vista in questi giorni, sia nei lavori sia nel tempo che passiamo insieme. La dinamica però viene gestita totalmente dai ragazzi, sono loro che scelgono chi far parlare per primo, è un bel momento, dove leggerezza e sincerità, profondità, si incontrano. La dinamica passa per qualche pianto, e finisce in un abbraccio di gruppo voluto appositamente dai ragazzi. Nel frattempo insieme a Francisco, prepariamo le brace per il barbecue. Il barbecue poi diventa una sorta di festa, che però alle 22:30 sono costretto a tagliare, la vicina potrebbe mandarli la polizia… 

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Nonostante la giornata precedente sia stata piena di attività, e nonostante siamo tornati a casa molto tardi, i ragazzi vanno avanti fino alle 3 ancora una volta. E la sveglia è sempre più tosta… Oggi iniziamo la preghiera del mattino parecchio tardi, cioè verso le 7:45, niente di drammatico, ma è un trend che si verifica con ogni gruppo. Poi c’è da ricordare che nonostante questo gruppo stia lavorando più ore al giorno, e di conseguenza riposando meno durante il giorno, il richiamo del letto la notte non è così da forte da farli saltare i momenti passati insieme, appunto come gruppo, stringendo i loro legami anche tramite attività più banali ma non per quello meno importanti. 

Finita la colazione e la corrispondente messa a posto della sala pranzo e la cucina ci dividiamo in tre gruppi: Un gruppo va in centrale e a sua volta è diviso in due, uno farà il cemento per ricoprire una piattaforma eterogenea all’interno del centro, mentre l’altro vernicia e dipinge i vari muri interni. Un secondo gruppo va a Coupron, che è un insieme di palazzine occupate da famiglie molto bisognose, dove al degrado proprio della povertà materiale si aggiunge, purtroppo, la miseria umana sotto forma di povertà morale: bambini abbandonati a sé stessi, che non solo non sanno leggere o scrivere ma che non sanno neanche colorare all’interno delle linee di un disegno. tutto in scarsa igiene, e il tutto in un contesto che trasmette tutto tranne che pace e dove molti adolescenti girano come zombie a causa dell’inalazione della colla. Il gruppo che va è costituito solo da ragazzi, preferiamo, come altre volte, non esporre le ragazze al culturale non rispetto nei loro confronti da parte degli uomini di Coupron. Un terzo e piccolo gruppo rimane a disposizione di Iosif, un religioso somasco che accompagna padre Albano nella sua missione qua in Romania. Il tempo si mantiene clemente, non fa caldissimo, il sole è la maggior parte del tempo nascosto, e quindi si riesce a lavorare molto bene. 

Alle 13 e qualcosa pranziamo un tipico piatto rumeno che è di gradimento di alcuni e di non gradimento della maggior parte. Alle 15, dopo mangiati e dopo aver pulito tutto, ci dividiamo in due gruppi: uno che dietro casa continua con le fondamenta, e uno che va in centrale. Alle 16 il gruppo rimasto a casa parte verso Craica, per le attività con i bambini. Craica è, diciamo, divisa in due zone, una che è più accessibile, e che è più ampia, e quindi vengono tantissimi bambini ma si può fare solo giochi, e un altra, all’altro estremo ma molto più piccola e con una sorta d’aula dove si può fare un po di alfabetizzazione. Ecco oggi siamo andati alla prima parte, quella più ampia e quindi per quasi due ore intere giochiamo con i bambini. I primi 30’ sono organizzati, ci sono delle canzoni tipiche e poi ci mettiamo tutti in cerchio per fare le varie mosse. Invece superata la soglia dei 30’ bisogna essere molto creativi, con tutti questi bambini che ci assalgono e che non tutti sono necessariamente educati o attenti, anzi. Inizia una lotta quindi tra chi vuole veramente giocare, essere portato sulle spalle o semplicemente abbracciarti, e chi, “vittima” del proprio sistema o cultura non sa che rapportarsi picchiando o comunque dando fastidio. Sono due ore molto faticose, a volte anche più di picconare tutta la mattina. 

Torniamo a casa verso le 18 e sono i maschi i primi ad andare sotto la doccia. Alle 19:30 ci riuniamo per fare la riflessione di gruppo. Forse l’ho già detto altre volte ma noi maschi abbiamo una particolare difficoltà o blocca ad aprirci, a mostrarci vulnerabili. Le motivazioni dietro questo blocco sono tantissime e varieggiate quanto sono le diverse personalità ma soprattutto storie. Nel mostrarsi vulnerabili però i ragazzi aprono un mondo, di paure, di insicurezze, di desideri nascosti o coperti, e questo genera una piacevole e solida solidarietà. È bello vederli fragili, perché è bello vedere che così sono più forti, e non stanno mai soli. 

Finita la riunione ci aspetta una carbonara. Ci siamo fatti portare guanciale e pecorino romano dall’Italia, e i 4kg di carbonara finiscono in una sola servita, o mossa. La sera va avanti tra chiacchiera, tra chi pulisce a malincuore in cucina i piatti pieni di carbocrema, e chi gioca piacevolmente a carte.

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I ragazzi sono rimasti svegli almeno fino alle 3 del mattino: chiacchiere, carte e altri giochi li tengono svegli fino a quest’ora. Nonostante le poche ore di sonno sono quasi tutti puntuali per la preghiera del mattino. Stamattina presto è partito padre Albano, direzione Italia, sia per il suo ministero, sia per una cosa di famiglia. Purtroppo non lo vedremo più, non per quest’anno. Ci saluta dicendoci che ci aspetterà più preparato, che era abituato ad altre tipologie di gruppi, meno irrequieti si, ma soprattutto con molta meno voglia di fare. Abbiamo poco meno di un anno per pianificare e da entrambe le parti abbiamo chiaro come muoverci e dove migliorare pensando al bene della missione, delle persone che serviamo, e dei ragazzi che ne partecipano. 

Il rituale è il solito: preghiera del mattino, colazione lenta e lunga ma non troppo, e lavoro fisico sia dietro casa che in centrale fino alle 13. I ragazzi sentono sempre di più la fatica, ma sono, almeno dicono ma anche lo sembrano, più determinati nel lavoro. Quando si lavoro con “adulti” (per quanto possiamo chiamarli così) cambia molto del nostro atteggiamento, ovviamente c’è sempre uno spronare a vivere e sfruttare l’esperienza, ma il quanto donarsi sta tutto a loro. Dal punto di vista climatico è una giornata ambigua, si alternano momenti in cui le nuvole ci proteggono ad altri momenti in cui il sole batte forte, ma mai, per fortuna, quanto ha battuto le settimane precedenti. 

Alle 13 sono tutti di nuovo a casa per mangiare insieme, e dopo aver mangiato e messo tutto in ordine, e chi può concederselo anche qualche mini siesta, ci ritroviamo sotto il nostro gazebo per avere un secondo momento di confronto/chiacchiera. La tematica di oggi vuole essere un invito ai ragazzi a identificare quelle realtà (mode, oggetti, insieme di oggetti, aspettative, modelli, obbiettivi, persone, e via dicendo) a cui volendolo o meno, impercettibilmente, hanno inalzato nella loro vita come idoli. Definisco da qualche tempo gli idoli come quella realtà che senza poterci salvare, riscattare, riempire, noi comunque li affidiamo quel compito. Di solito si caratterizza per toglierci la libertà, la serenità, per possederci, e per assolutizzare il nostro valore, ovvero se non “possediamo” o “siamo” quel determinato idolo niente nella nostra vita ha valore, noi stessi perdiamo valore. Volano tanti esempi, che aiutano un po a far atterrare, rendere concreto il concetto e le idee. Siamo tutti d’accordo che però le cose che contano sono quelle più difficili da identificare, che tante volte i nostri desideri più autentici si mischiano con quelle ricerche di attenzioni tramite le quali a volte siamo disposti a vere e proprie infedeltà a noi stessi. Insisto molto che tante delle cose che una persona può “idolizzare” sono “cose” in realtà neutre, che di per sé possono anche stare bene o andare bene, e che ciò che fa la differenza e come lo si vive interiormente. Il successo di per sé, e la sua ricerca, non è un male oggettivo o assoluto, ma può diventarlo se, vivendolo come idolo, si trasforma in un assoluto che condiziona tutto nella nostra vita e la qualifica come degna o meno di essere vissuta. E così vale per tante altre realtà o situazioni. Nonostante sia un orario complicato per una “conferenza”, sembrerebbe che i ragazzi reggono la chiacchiera e sembrerebbero anche interessati. 

Alle 16 partiamo in due pulmini verso Craica dove i ragazzi seguono i bambini facendoli ballare, giocare e anche disegnare. Alle 18 sono tutti di nuovo a casa. Come accordato dopo il pranzo, sono le ragazze le prime ad andare in doccia, in modo da essere pronte per la riunione di gruppo. Nel gruppo, verso le 18:45, approfondiamo quanto è stato detto alla conferenza del primo pomeriggio, ma passiamo anche del tempo raccontando come ognuna sta vivendo il viaggio, le cose belle che sta trovando, le difficoltà, la paura di tornare alla realtà, cioè quella dove ognuna di loro è “affidata”, e le aspettative per i prossimi giorni. C’è qualche pianto, e anche qualche tentativo di mostrarsi forti, che poi alla fine, sia per empatia, sia perché c’è chi si lascia andare, diventa un pianto liberatorio. Mi ha colpito molto, come nel primo o nel secondo gruppo, una ragazza disse davanti ad altre, una frase che fu accettata da tutte: “trova una ragazza che si trovi bella, e trovi un tesoro”… come per dire, tutte noi, in qualche modo, in questa cultura dell’apparenza, siamo penalizzate, troviamo sempre qualcosa per cui non andiamo bene, e mai qualcosa di bello. 

Alle 19:50 saliamo sui pulmini e andiamo in chiesa, una chiesa francescana in centro storico. Da qualche giorno i ragazzi, non chiedono tanto la messa quanto un momento di preghiera, di riflessione, e la prima cosa che viene loro in mente è l’adorazione. Ad ognuno viene chiesto di seguire, per introdursi nella preghiera, le pagine 40 e 41 dei nostri libretti. È un insieme di citazioni bibliche che raccontano come Dio ci conosce e ci ama, e danno, a mio modo di vedere, una nuova narrativa di sé stessi ai ragazzi, uno sguardo che parte dall’amore per ciò che uno è, e non da una valutazione per ciò che uno fa.

Figlio mio,
Forse tu non mi conosci, mà Io conosco tutto sopra di te. Salmo 139:1 So quando ti siedi e quando t’alzi. Salmo 139:2 Conosco a fondo tutte le tue vie. Salmo 139:3 Perfino I capelli del tuo capo son tutti contati. Matteo 10:29-31 Ti creò à mia immagine. Genesi 1:27 In me vivi, ti muòvi, e sei. Atti 17:28 Poichè sei anche mio progenie. Atti 17,28 T’hò conosciuto anche prima che eri concepito. Geremia 1:4-5 Ti ho scelto quando ho programmato la creazione. Efesini 1:11-12 Non eri un sbaglio. Salmi 139:15-16 Poichè tutti tuoi giorni son scritti nel mio libro. Salmi 139:15-16 Ho determinato esattamente il tempo del tuo nascimento e dove abiterai. Atti 17:26 Sei fatto in modo meraviglioso, stupendo. Salmi 139:14 Ti ho intessuto nel seno di tua madre. Salmi 139:13 E t’ho portato fuori il giorno del tuo nascimento. Salmi 71:6 Sono stato scambiato per un altro dai quali non mi conoscono. Giovanni 8:41-44 Non ti ho tenuto alla larga e non sono arrabiato, ma invece sono l’espressione completo d’amore. 1 Giovanni 4:16 Ed è mio desiderio d’amarti in pieno. 1 Giovanni 3:1 Semplicemente perchè sei mio bambino, bambina, ed Io sono tuo padre. 1 Giovanni 3:1 Ti offro più che tuo padre terreno mai puo offrirti. Matteo 7:11 Perchè sono il padre perfetto. Matteo 5:48 Ogni dono perfetto che ricevi viene dalla mia mano. Giacomo 1:17 Perchè provvedo tutto cio che avete bisogno. Matteo 6:31-33 Il mio programma per il tuo futuro e sempre stato pieno di speranza. Geremia 29:11
Perchè ti amo con un amore eterno. Geremia 31:3 I miei pensieri ti son più numerosi della sabbia. Salmi 139:117-18 Esulterò per via di te, con gridi di gioia. Sofonia 3:17 Non cesserò mai di farti del bene. Geremia 32:40 Perchè tu appartieni a me, e sei mio tesoro. Esodo 19:5 Desidero di stabilirti con tutto il mio cuore è tutta l’anima mia. Geremia 32:41 E voglio mostrarti cose grandi e impenetrabili. Geremia 33:3 Se mi cercherai con tutto il tuo cuore, mi troverai. Deuteronomio 4:29 Diletti in me ed Io ti darò quel che il tuo cuore desidera. Salmi 37:4 Perché sono Io che t’ho dato quei desideri. Filippesi 2:13 Sono capace di fare infinitamente al di là di quel che puoi imaginare. Efesini 3:20 Io sono il tuo più grande confortatore. 2 Tessalonicesi 22:16-17 Sono pure il padre che ti consolo in ogni tua afflizione. 2 Corinzi 1:3-4 Quando hai il cuor rotto, ti sono vicino. Salmi 34:18 Come un pastore porta un agnello, ti porto vicino al mio cuore. Isaia 40:11 Un giorno asciugherò ogni lagrima dai tuoi occhi. Apocalisse 21:3-4 Sono tuo padre, e ti amo pure come amo mio figliuolo Gesù. Giovanni 17:23 Perchè in Gesù è realizzato il mio amore per te. Giovanni 17:26 Lui è l’impronta esatta della mia essenza. Ebrei 1:3 Lui venne a mostrare che io sono per te, non contro di te. Romani 8:31 E di dirti che non conto I tuoi peccati. 2 Corinzi 5:18-19 Gesù morì cosi che ci possiamo essere riconciliati. 2 Corinzi 5:18-19 La sua morte fu l’espressione ultima del mio amore per te. 1 Giovanni 4:10 Ho dato tutto ciò che amo per guadagnare il tuo amore. Romani 8:31-32 Se ricevi il dono del mio figliuolo Gesù, ricevi anche me. 1 Giovanni 2:23 E nulla ti separera mai più dal mio amore. Romani 8:38-39 Vieni a casa e farò la più grande festa mai visto in cielo. Luca 15:7 Sono sempre stato Padre e sarò sempre Padre. Efesini 3:14-15 La mia domanda è... sarai il mio bambino o la mia bambina? Giovanni 1:12-13 Ti aspetto... Luca 15:11-32 Con Amore, Tuo Papà. Dio

Alle 21 finiamo la nostra preghiera e andiamo ad un ristorante lì vicino, dove ordiniamo da mangiare e da bere, e quando toccherebbe ordinare i dolci ci chiudono la cucina. Torniamo a casa verso mezzanotte inoltrata e i ragazzi hanno la speranza che la sveglia si sposti… ma non sarà così… 

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La riunione serale tutta al femminile della notte precedente dura fino alle 23:30, tra confronti, opinioni, raccontarsi, volti vecchi e nuovi, chi più estroversa e chi più riservata, qualche pianto ma anche delle belle risate. Ma per i ragazzi, molti di loro, la serata si conclude solo alle due del mattino, quando finiscono con le varie partite di carte iniziate verso mezzanotte. 

La sveglia di oggi, nonostante le poche ore di sonno, non è particolarmente difficile. Ci ritroviamo tutti puntuali alle 7:30 per fare la preghiera del mattino e poi fare colazione sempre in stile buffet. Ovviamente non c’è da immaginarsi un buffet da albergo, ma neanche da bed&breakfast. Le cose sono in disordine sul tavolo, alcune aperte, altre chiuse, quasi non si vedono piatti in giro ma i ragazzi tengono le fette di pane piene di sostituti della nutella in mano mentre le divorano. Poi non mancano le uova di ultimo minuto (stamattina padre Albano ha ricevuto una donazione di mille uova… una parte andrà in donazione, ma una piccolissima parte la useremo per fare una carbonara, quella vera, poiché da Roma ci siamo fatti portare sia il guanciale che il pecorino!). E così escono uova in abbondanza e sono sempre ben accette. I ragazzi si lamentano della bassissima percentuale di frutta vera presente nel succo, e come darli torto! Poi c’è la quasi eterna fila del caffè, che in realtà si inizia a formare già da prima della preghiera del mattino: caffè e sigaretta, o meglio “lycos” e tutte le sue varianti prima di qualsiasi attività sono un rito fondamentale per i ragazzi. 

Questo terzo gruppo ha più ore di lavoro al giorno, per cui il tempo della colazione, che non è tempo perso ma tempo per stare insieme e valorizzare le relazioni, è più esteso di quanto siamo abituati noi che siamo qua da ormai 30 giorni. Verso le 9 partono i lavori: la metà dei ragazzi va in centrale, mentre l’altra metà va dietro casa a continuare con le fondamenta. Il lavoro in centrale è meno faticoso, quindi l’unica richiesta che ho per lo staff e che di sfruttare le adorate ragazze “ex Mykonos” nel cantiere dietro casa, visto che hanno due mattinate meno di lavoro degli altri e sono più fresche! Oggi non fa affatto caldo, direi che fa anche freddo… questo vuol dire che ci sono delle condizioni eccezionali per lavorare, senza quel sole e caldo massacranti degli ultimi giorni, e senza la fastidiosa pioggia che rende tutto più difficile. A questo va aggiunto che i ragazzi mettono musica che io, passatemi l’opinione musicale nonostante la mia età, trovo anche bella. Insomma è un ambiente non bello, di più! Purtroppo verso le 11 inizia una tenue ma fastidiosa pioggia, che peggiora sempre di più mentre ci avviciniamo all’ora di pranzo. Pranziamo tutti insieme e anche oggi ci accompagnano dei piccoli arrivati da Craica, che devo dire hanno una fame infinita, cioè costante e sostenuta nel tempo. Non bastano le 7 polpette che Sergio mangia a pranzo, ciò non impedisce a lui di chiedermi delle patatine solo un ora dopo! 

Grazie al cielo, in ogni senso, verso le 14:30 smette di piovere e i ragazzi tornano a lavoro. Alle 16:00 invece ci ri raduniamo e partiamo verso Craica. Si gioca per due ore di fila, i ragazzi, i nostri, sono più sciolti dei giorni precedenti, e anche i bambini, che in pratica ogni giorno vengono a mangiare da noi, li accolgono sempre con più affetto. Verso le 18 sono tutti di nuovo a casa, e inizia il solito rito della prenotazione per la doccia, dei ragazzi che vanno in cucina e di quelli che fanno l’aperitivo… più il team birra, che matematicamente ogni giorno verso le 18:30 vanno al supermercato più vicino per le scorte di birra e… di porcherie varie (patatine, dolci, e via dicendo). Alle 19:15 i ragazzi fanno la riflessione personale, e in seguito abbiamo la messa. Come era di aspettarsi il turno della cucina è in un grandissimo ritardo. In effetti la pretesa di fare le straccetti di pollo al limone avendo comprato le cosce di pollo intere non è andata a buon fine. Alla fine in effetti, verso le 22 mangiamo una sorta di “cemento” a base di pollo, limone, tanta farina, qualche seme di limone, e un po di sale… le verdure però sono ottime! e anche le crepes (che ci hanno regalato…).

Tra la messa e la cena, ben 90 minuti, appena ce ne siamo accorti che la cena sarebbe stata più tardi del solito, e dovendo fare la riunione di gruppo dei ragazzi, decidiamo di mandare in cucina le ragazze e fare la riunione con i maschi. I ragazzi, di questo gruppo, sono meno introspettivi delle ragazze, più attenti a ciò che è concreto, all’obbiettivo, e il dialogo versa più sull’esperienza della fatica, e di una fatica con senso, una fatica con senso, che dona gioia.

La cena ormai è finita, i ragazzi chiacchierano, giocano a carte… o continuano a “birrare”.

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La notte di ieri si chiude con una bella sorpresa. Mentre i ragazzi puliscono la cucina e lavano i piatti (parliamo delle 11 di sera!), ricevo una chiamata, o meglio vengo aggiunto a un gruppo whatsapp dal nome “Ideonaaaa”… C’è da dare un po di contesto, o cornice: il terzo viaggio è nato molto più all’ultimo degli altri due viaggi. Quando abbiamo capito che andare in Rwanda era infattibile (chiedono una quarantena obbligatoria di 7 giorni) abbiamo dovuto cancellare tutti i piani e così lasciar in aria una ventina di ragazzi… abbiamo pensato di proporre, timidamente, fare una continuazione di quanto avrebbero fatto i due gruppi di minorenni e così quasi dal nulla ci siamo trovati con 20 ragazzi in partenza. Potevano essere molto, ma molto di più, se le date non avessero coinciso con “Polifonic”, un festival della musica elettronica in Puglia, e con la settimana scelta dagli appena maturandi per andare a Mykonos… Ecco il Polifonic, e lo scrivo con un sorriso, è stato rinviato, ma molti dei ragazzi avevano già preso casa in Puglia, e quindi sarebbero partiti comunque… invece proprio ieri o l’altro ieri, il coprifuoco decretato solo per l’isola di Mykonos ha evidenziato l’inutilità, nella mentalità maturanda, di andare lì… Ecco all’ultimo mi ritrovo in questo gruppo dove mi viene spiegato che non si va più a Mykonos e che, anche se per poco, vorrebbero raggiungerci due ragazze. Certo essere la seconda scelta non è carino, ma va bene così! Hanno preso il primo volo a disposizione e sono arrivate oggi alle 11:40 circa a Cluj e da noi verso le 15!

Tornando al nostro gruppo di lavoratori… stamattina sono a pezzi, fanno male gambe, spalle, braccia… ieri hanno dato veramente tutto, complice il tempo clemente (sempre se paragonato agli altri giorni). Stamattina quindi anche se puntualissimi, sono visibilmente provati. L’unico che non accudisce particolari dolori è Michele, il gigante del gruppo, alto più di due metri… che però ancora addormentato nel andare in bagno ha dato una bella botta con la testa alla cornice della porta… e così tutti i nostri ragazzi hanno qualcosa da dire. Facciamo la preghiera del mattino. Devo dire che è particolarmente piacevole, per me, pregare con loro. Non si perdono, non si distraggono, le parti che vanno lette insieme le leggono veramente insieme e non in tempi diversi come accade o con gruppi troppo grandi o quando c’è qualcuno che ha la testa fra le nuvole e non se ne accorge o che va troppo veloce o troppo lento… come quando uno va a messa e la vecchietta di turno ti anticipa, anticipa tutti persino il prete, su tutte le risposte della cerimonia! 

La colazione si fa tipo buffet, c’è una lunga fila davanti alla macchinetta del caffè. I tempi sono quelli giusti, ne troppo in fretta ne troppo lenti, ma la sua giusta misura… se non fosse perché quasi all’ultimo ad alcuni, e io ne approfitto, viene la voglia di fare delle uova… in ogni caso alle 08:30 sono tutti a lavoro, tranne il team di ragazzi a cui tocca lavare i piatti e mettere tutto a posto. Il tempo è molto clemente, ha piovuto leggermente questa mattina e ci sono tante nuvole. Il meteo prevede un diluvio verso le 14, quindi decidiamo di sfruttare al massimo le nostre forze tutta la mattina, per poi vedere come va nel pomeriggio… 

Forse vale la pena ricordare qualcosa che ho detto ai ragazzi ieri notte prima della loro prima riflessione personale. “Non fate inutili paragoni con l’esperienza che avete fatto in Peru” esordisco. I ragazzi del primo e del secondo gruppo, che vivevano l’esperienza della Romania senza mai aver fatto il Perù si sono goduti l’esperienza al massimo, perché appunto hanno vissuto il presente. Avevo notato però che alcuni dei membri dello staff che in qualche modo non avevano ancora colto, non per colpa per carità, la differenza tra accompagnare i ragazzi e quella di fare l’esperienza, che paragonare il Perù con la Romania era un esercizio non solo inutile ma destinato in qualche modo a farti vivere male. Perché? Perché non si vive di passato, ma del presente nel quale siamo chiamati a dare frutto. O meglio, per quanto mi riguarda è come comparare il fidanzato o fidanzata attuale con il tuo ex, e quindi vedi tutto ciò che lui o lei ora manca, e ti perdi tutto ciò che in lui o lei c’è di bello e nuovo. Sono peruviano e chiaramente sono da parte. Il tipo di lavoro che facciamo qua è simile ma anche diverso, in Perù vediamo la differenza frutto del lavoro nelle nostre mani nel consegnare una casetta, se pur di legno e sempre umile, a una famiglia che vive in povertà estrema… in Romania i risultati li vedremo in foto, ancora tra qualche mese. E poi c’è il discorso della gente… credo che la miseria in cui vivono, non solo quella materiale ma quella umana, li rende più duri, e di conseguenza, come ho detto più volte, il loro modo di rapportarsi è del tutto particolare, rozzo, sempre con una pretesa del dovuto e delle volte con poca o nulla capacità di gratitudine. Il latinoamericano è diverso, o almeno quelli che di solito abbiamo aiutato in questi anni. Più solare, più accogliente e anche più simile all’italiano direi… In ogni caso non è il caso fare le comparazioni… invito quindi i ragazzi a vivere il loro presente. È totalmente valido poi comparare, tirare le somme, migliorare per quanto si possa migliorare, ma se questo ti porta a una nostalgia del tuo caro Perù (e chi è partito con noi gli anni scorsi sa che le missioni in Perù hanno qualcosa di magico) che ti fa perdere di vista la Romania, secondo me ti fai solo male. Qua in Romania abbiamo l’elemento comunitario-amicizia che non è di poco conto. In Perù siamo più di 80 di solito, è tutto più strutturato su certi fronti, ma si vive poco insieme con tutti, si creano piccoli gruppi giustamente, e tante volte non sai con chi hai fatto il viaggio. Qua si fa una esperienza di vita in comune, con tutte le cose belle, ma anche con tutte le fatiche del caso, e questo è di una ricchezza unica. 

I ragazzi lavorano sodo fino alle 13 e qualcosa, apparecchiano e mangiamo. Da qualche giorno la suora, personaggio del cui ancora non abbiamo capito la storia, sta portando a casa, a mangiare con noi, dei ragazzini di Craica. Siccome sono nettamente in minoranza, sono molto ma molto più carini del solito, e addirittura anche educati. Durante il pranzo arriva il diluvio universale, con tanto di “black out”. Tra l’altro le due ragazze ex Mykonos sono da un po per strada, e quindi diventa evidente che qualsiasi attività avviamo sia meglio iniziarla con il gruppo al completo. Il diluvio universale ci costringe a stare dentro casa, e l’arrivo delle ragazze ci impedisce a iniziare con le conferenze/riflessioni di gruppo. Verso le 15:15 smette di piovere quasi totalmente, e alle 15:25 arrivano i due nuovi membri del gruppo. Quindi alle 15:30 sono tutti pronti per lavorare. Una parte del gruppo va in centrale, oggi in effetti niente bambini poiché anche se piove poco risulta complesso lavorare con i bambini. L’altra parte del gruppo rimane dietro casa per continuare con gli scavi per le fondamenta del dormitorio, che secondo padre Albano sarà pronto verso la fine di quest’anno.

Verso le 18:15 i ragazzi iniziano a fare ritorno. C’è la solita lotta per la doccia, e questa volta il gruppo cucina è stato avvertito che dobbiamo mangiare subito dopo la messa. Alle 19:15 i ragazzi fanno la seconda riflessione personale, alle 20 c’è la messa per chi lo desidera e subito dopo facciamo la prima delle tre riflessioni/conferenze previste per i ragazzi più grandi. Sono sorpreso che nell’affrontare la complessa quanto importante tematica della conoscenza personale e la sofferenza, qualche lacrima nell’auditorio cade, e mi preparo perché probabilmente ne parleremo più tardi. In questo momento mangiano tutti e più tardi ci sarà la prima riunione di gruppo per le ragazze.

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Romania

Verso la mezzanotte inoltrata arriva il gruppo dei più grandi, che proprio se vogliamo dirla tutta così più grandi non sono. Hanno tra i 18 e i 19 anni, e qualcuno ne vanta addirittura, in realtà solo uno, ben 21 anni. Su 20 ragazzi 10 di loro hanno già fatto l’esperienza delle missioni in Perù, mentre 10 sono alle prime armi. Di questi 10 quasi tutti o sono stati trascinati da degli amici, o da sempre hanno voluto partire avendo avuto, negli anni, fratelli più grandi che hanno fatto l’esperienza. Sono arrivati in aereo fino a Cluj e poi pullman fino a Baia Mare, ma tre di loro hanno deciso di attraversare una parte dell’Europa in macchina partendo un giorno prima. Le prime difficoltà insorgono quando sono ancora in Italia. Una delle ragazze ha pensato di prendere all’ultimo il pullman verso l’aeroporto, quello di Bergamo… purtroppo se ne accorge che non ci sono posti disponibili e deve pensare a una alternativa. Meno male hanno ancora i telefoni, quindi tramite il gruppo del viaggio chiede se qualcuno non fosse già partito… e così trova un passaggio. Mi chiamano un po in ansia alcuni dei ragazzi in aeroporto, perché a una delle ragazze hanno detto di essere in overbooking e avendo fatto il check in troppo tardi rischierebbe di rimanere a terra. Più volte avevo detto di farlo già da venerdì… alla fine la fanno passare alla sala d’imbarco per vedere se si liberava qualcosa… e meno male che è così! Invece sul fronte macchina i ragazzi arrivano una trentina di minuti dopo il resto del suo gruppo. Avevano messo l’indirizzo su google maps e purtroppo erano andati ben oltre, il che mi obbliga ad attenderli per strada. Alla fine siamo tutti, si mischiano i ragazzi del primo e del secondo gruppo. È tardi e la vicina potrebbe chiamare la polizia (l’ha già fatto quattro volte in quattro settimane che sono qua) e mandiamo i ragazzi a letto. Con quelli del terzo gruppo, vista l’ora, facciamo una breve e veloce introduzione… 

Stamattina ci svegliamo alle 7, e iniziamo a svegliare i ragazzi. Speriamo ovviamente che trattandosi della loro partenza, sia nel loro interesse essere pronti. Alle 7:20 arriva l’autobus che li porterà in aeroporto, e iniziamo a caricare valigie e poi ragazzi, non senza prima salutarci con la promessa di rivederci, e di magari fare più missioni in qualche altro posto del mondo! Stiamo per farli partire ma ce ne accorgiamo che i numeri non vanno bene. Filippetto, cioè quello romano (quello Milanese viene soprannominato il filosofo), non si trova… lo troviamo profondamente addormentato nel suo letto con i vestiti del giorno prima addosso. La cosa che ci sorprende è che per svegliarlo, consapevoli dell’insistenza del suo sonno, capovolgiamo il suo materasso facendo con lui esattamente una sorta di panino dove lui è il ripieno… si alza ovviamente spaventato, con quella certezza di saper di aver fatto qualcosa di sbagliato ma non sapere bene cosa esso sia. In ogni caso ce la fa anche lui. 

Ci lasciano alle 7:35, e alle 7:40 siamo in gazebo con i neo arrivati per spiegare molto brevemente la preghiera del mattino. Preghiamo e poi andiamo a fare colazione. Siccome sono ragazzi grandi, e su questo punto insisterò tutta la settimana, non tanto qua nel blog quanto a loro, do a loro il compito di trovare un responsabile, o due, per la cucina, e di organizzarsi loro stessi con i turni sia di cucina che di servizio. La casa è vostra, il gruppo è vostro, iniziate a vivere quel amore che siete venuti a dare agli altri, prima di tutto tra di voi. O qualcosa simile dico a loro nel briefing, che così briefing non è, post colazione. Come con gli altri gruppi mettiamo in chiaro le regole del gioco, avvertiamo la presenza minacciosa della vicina e quindi insistiamo sul non fare rumore oltre le 10 di sera, e invitiamo loro a sfruttare l’esperienza… sono tutti grandi e quindi hanno sicuramente tutti in modo autonomo scelto di essere qua, se non vivono l’esperienza sono scemi due volte: la prima appunto per essere venuti, la seconda per aver rinunciato a stare in un posto più comodo e bello… cioè è bello che tu ci sia qua, dico a loro, ma allora fate tesoro di questi giorni e viveteli al massimo in ogni sua dimensione: nella donazione nel lavoro e nella compagnia ai bambini, e nello stare insieme come amici che nulla hanno da dimostrare, vivendo per una settimana una missione. 

Un paio di ragazzi sono in mano a padre Albano, che ha sempre qualche missione speciale riservata per i nostri. Alcuni l’hanno temuto tanto nei viaggi scorsi. Altri tre vanno in centrale. Il resto lavoro dietro casa. Devo dire che sono partiti molto ma molto carichi (come tutti!), ma c’è una particolarità che è musica per i nostri orecchie: non si lamentano. La giornata è stata calda, ma non come gli altri giorni, e bisogna dire che stamattina rischiava di piovere. Dovrebbe essere prevista la pioggia per domani, speriamo di no, ma se è così andremo tutti in centrale a iniziare con i lavori del primo piano, poiché finora ci siamo concentrati solo nel piano terra. I lavori dietro casa vanno avanti fino alle 11:30, quando arriva un TIR molto grande con donazioni per padre Albano. I ragazzi passeranno le prossime due ore scaricandolo e mettendo tutto in ordine. Dopo pranzato, come accordato con lo staff, i ragazzi hanno una brevissima pausa e poi si rimettono a lavoro, fino alle 15:30 che fanno l’ormai tradizionale introduzione ai balli rumeni a carico della suora. Alle 16:15 partono tutti verso Craica, per fare una prima conoscenza dei ragazzi e delle attività che per pochi giorni faranno. I bambini, anche se i nostri ragazzi sono tutti volti nuovi, sono felici, e li accolgono, piano piano si sono sciolti, piano piano sono sempre più accoglienti.

Verso le 18:15 sono tutti di nuovo a casa e iniziano le prenotazioni per le docce. Chiara precedenza alle ragazze, tanto sembra che ai maschi piace tanto godersi ancora un po di sana puzza frutto di una giornata di lavoro in tutti i sensi. Quindi la scena è questa: strillano prenotazione per la doccia delle ragazze da una parte, e dall’altra i maschietti fumano e bevono insieme una coca cola e un tè freddo. Avrebbero voluto la birra, e non sono per niente contrario, solo che non ci siamo organizzati benissimo… come ho già detto precedentemente, vorrei trattarli da adulti, e lasciare a loro la responsabilità totale delle loro azioni. Quando sono tutti pronti, verso le 19:15, facciamo un breve raduno e li mandiamo a fare la prima riflessione personali, e poi la messa. 

Il team cucina ha avuto un po di difficoltà con i tempi, ma c’è tanta fiducia nella pasta con peperoni. Dopo mangiato avremo dovuto fare una prima riflessione: Cosa di te ti rende amabile? Perché è bello essere te? Ma è tardi, troppo tardi, i ragazzi dormono in piedi, quindi la domanda va rinviata a domattina.

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Romania

Oggi abbiamo voluto dare più tempo ai ragazzi per riposarsi, considerando anche che molti di loro avrebbero aspettato svegli la partenza di Nico alle 4:30 del mattino. Avremo pensato che sarebbero stati svegli fino alla fine, e invece uno ad uno hanno crollato verso le 4, sempre secondo la loro versione. Filippo ed io invece eravamo svegli alle 4:30, anche se un po spaventati: prima perché la sveglia non aveva funzionato e pensavamo Nicolo non si sarebbe alzato. Invece Appena usciti lui era lì, in piedi, illuminato per un po della luce proveniente dal cielo, con la sua immensa valigia accanto a lui. Ci siamo spaventati una seconda volta al notare che erano già le 4:35 e la macchina che avrebbe dovuto portarlo fino all’aeroporto di Cluj non era ancora da noi. Dopo un paio di chiamate siamo riusciti a rintracciarlo, neanche a lui era suonata la sveglia… è arrivato come un fulmine alle 4:55 ed è riuscito a portare Nico in tempo per imbarcarsi!

Abbiamo svegliato tutti verso le 8:30, tutti nel gazebo. Comunichiamo l’ordine del giorno: colazione libera appena finiamo il briefing, e da lì in poi tutti divisi per settori per preparare la struttura a ricevere il terzo gruppo delle missioni, quello dei maggiorenni, che sono in 20: 14 in arrivo da Milano, 3 da Roma, e altri 3 sempre da Milano che però hanno iniziato il viaggio ieri, in macchina, e che verso le 20:30 ci hanno comunicato di dover affrontare una fila di due ore per superare la frontiera tra l’Ungheria e la Romania. Abbiamo diviso in due lo stanzone dei ragazzi: una parte per i ragazzi del gruppo in partenza, e una parte per quelli in arrivo. Invece le ragazze hanno liberato le loro stanze per occuparne una camerata da 10 in un altra parte della struttura, e lasciare le tre stanze libere per le ragazze in arrivo. Secondo i nostri calcoli il terzo gruppo arriverà verso la mezzanotte inoltrata, e siccome staranno qua solo una settimana, non ci saranno sconti domattina, dobbiamo partire forte! Sarà solo una settimana, ma sarà super intensa!

I ragazzi puliscono fino alle 12 e poi partiamo verso un ristorante a 14km da dove dormiamo, sempre più lontano dalla città. I ristoranti in Romania, ok non va bene fare generalizzazioni, i due ristoranti ai quali siamo andati in Romania non accettano prenotazioni, anche se sei un gruppo grande. Quindi partiamo presto, ma nonostante ci avevano garantito che avremo trovato dei posti al aperto, ci mandano dentro… peccato, anche se alla fine risulta più conveniente, dentro è fresco e fuori si muore letteralmente di caldo. Torniamo a casa verso le 16 e ci prepariamo per salutare un ultima volta i bambini di Craica. In mattinata i ragazzi hanno riempito delle scatole di ogni tipo e per ogni età. Le seguenti due ore saranno colme di emozioni, alti e bassi, gioia e pianto. La lingua non è la stessa, e abbiamo sempre fatto abbastanza fatica a comunicare… i nostri ragazzi sanno che probabilmente non li vedranno più; i piccolini forse l’ignorano, ma qualcuno, o più di qualcuno se ne accorge che questo saluto non è il solito a domani, ma più probabilmente un, anche se forse è brutto da dire, addio. I ragazzi tornano a casa visibilmente scossi. 

Diamo loro qualche minuto per metabolizzare le emozioni, e ci raduniamo verso le 18:45 nel gazebo. Leggo a loro le seguenti righe, che dovrei ancora risistemare ma il tempo e l’orario di questo post mi giocano contro… quindi le correggerò post pubblicazione, prima o poi, in mezzo a ciò che resta dell’estate:

Cari ragazzi siamo arrivati alla fine. O forse, anche, l’inizio di qualcosa di nuovo nelle vostre vite, che come quasi sempre dipende solo e unicamente da voi, che quel che può accadere nella realtà non sta a voi deciderlo, e quanto tocca a Dio fare, abbiate la certezza lo farà. Siete voi i protagonisti della vostra vita. Siete voi che d’ora in poi deciderete quale versione di voi stessi mostrare nel quotidiano: quella delle maschere e le etichette? quella della risposta alle aspettative che ci sono su di voi anche pagando il prezzo di rinunciare a voi stessi? o quella della vostra originalità, della fedeltà a voi stessi, della ricerca di un Amore più grande sempre e in ogni momento. Con questo non vorrei dire che la vita sia un bianco o nero. L’esistenza umana è piena di grigi, e anche di cadute, di incoerenze, di situazioni in cui scegliamo non quello che è più bello per noi e per quanti ci circondano, ma che finiamo per scegliere l’egoismo. Non solo la vita, forse ogni nostra giornata. Alla fine di ogni giorno però dovrà solo contare la risposta alla domanda: Quanto ho amato oggi? E così ogni giorno senza abbattersi.

I vantaggi di essere un gruppo poco numeroso vi ha dato l’occasione di conoscervi di più, di condividere, anche se privilegiando quelle personalità a voi più affini, con tutte le persone del vostro gruppo. Qualcuno tra voi ha voluto, devo dire un po ridottivamente, spiegare la libertà nell’essere sé stessi al fatto di non avere i cellulari. A parte che siamo felici che abbiate scoperto che non si muore senza cellulare, che potete perfettamente scoprire quella parte dell’esistenza che si chiama vita e che è piena di persone come voi e che esistono intorno a voi, che si portano nel cuore desideri di bellezza e di bontà, bisogna avere ben chiaro che il cellulare non è di per sé il “male”, ma solo la fuga alla vostra, passatemi il termine, noia. E la fuga anche alla vostra solitudine. Ma il cellulare non è il centro di queste righe, poiché di fughe ne possiamo trovare milioni. Puoi scappare all’essere te stesso appunto grazie alla maschere che ti metti o le etichette che ti addossano gli altri; anche nella ricerca di valore che ti possono dare determinati idoli. Ma tu sai perfettamente, nel fondo del tuo cuore chi sei e per cosa vorresti essere apprezzato, o ancora di più amato. 

Non sei frutto del caso, se esisti è per qualcosa di grande, di bello, di vero, di buono. E con grande non intendo qualcosa di quantitativo necessariamente, forse si ma forse no e andrebbe bene così. Con grande intendo qualcosa di qualitativo. In linee generali ti direi che sei chiamato all’Amore, perché l’Amore è l’essenza della nostra vita. Ed essere chiamato all’Amore vuol dire sapersi riconoscere amabili, scoprirsi amati, e poi amare. 

Riconoscere di essere amabili è un lavoro arduo, perché tante volte pensiamo di non esserlo, di non valerne la pena, pensiamo di essere un peso o che le nostre tante o poche macchie, i nostri lati più scuri o incoerenti, siano un impedimento a che qualcuno ci possa veramente amare. Tante volte, purtroppo e per un mare di ragioni, diamo ascolto a quella voce o voci che dicono il male di noi, che ci male-dicono. Non sono la verità. Ogni volta che ti rendi conto di stare pensando il male di te, di stare entrando nella disperazione o nel negativismo, scaccia subito quei pensieri.

Scoprirsi amati è difficile se crediamo di non essere amabili. Ma è appunto una scoperta, no qualcosa che ti guadagni, cioè, non puoi decidere di essere amato, perché che qualcuno ti ami parte da una libertà che sceglie di farlo. Non si tratta neanche di voler essere amati in un tale o determinato modo, modo che tante volte è un riflesso delle nostre ferite. A volte capita di essere circondati di persone che ci amano e ce lo dicono o mostrano in tantissimi modi, ma siamo talmente chiusi all’idea di potere essere amati o peggio ancora talmente chiusi a voler essere amati così come decidiamo noi, che non c’è ne accorgiamo. 

Amare invece dipende totalmente da te. E così come puoi scegliere chi, come, quanto e quando amare, non puoi scegliere chi ti ama, ne come, ne quanto, ne quando. A te sta amare, e amare può anche fare male, l’amore ci rende vulnerabili, ma ci rende anche infinitamente umani, vivi, e pieni, anche se fa male. Come abbiamo detto qualche giorno fa, l’alternativa alla vulnerabilità che ne deriva dall’amare, è lasciare il cuore chiuso, protetto… lasciarlo diventare di pietra, impermeabile ai sentimenti. Ci capita quando abbiamo sofferto molto, quando siamo stati traditi, quando torniamo delusi dall’ennesima esperienza di delusione in amore o in amicizia… è una reazione normale, ma non può durare a lungo, perché vuol dire, al mio modo di vedere, la morte in vita. 

E come puoi amare tu non lo può fare nessuno. Questo è un concetto che deve passare cari ragazzi. Nessuno di voi è uguale a chi vedete ora intorno a voi, e questo verità è qualcosa di meraviglioso. E non c’è stato, non c’è e non ci sarà mai nessuno come te. Tu sei un originale, un unico, e questo lontano di riempirti di ansia, quel ansia che provate ogni volta che vi sentite giudicati o inadeguati, deve riempirti di orgoglio, e della consapevolezza che non ti puoi sprecare. Non buttate la vostra vita. La tua vita è un dono troppo bello, troppo grande, troppo unico da essere sprecato in cose futili. Ci sono persone che solo tu puoi amare, mani che solo tu puoi accarezzare, lacrime che solo tu puoi asciugare, ci sono persone che solo tu puoi consolare, sopportare, fartene carico. Esattamente come tutti quei bambini che in questi giorni sono stati destinatari del vostro amore, del vostro tempo… se solo uno di voi non ci fosse stato, per loro sarebbe stato diverso, forse non lo avrebbero mai saputo, ma sarebbe stato diverso… Ci sono gesta che solo tu puoi fare, non tanto nell’azione in sé, ma nel modo che tu lo puoi fare. Fare tutto per amore, e non solo per dovere, da tanta libertà e vera gioia, e se di mezzo ci va pure l’amicizia, meglio ancora. 

In questo viaggio molti di voi vi siete lasciati far conoscere da praticamente degli sconosciuti in pochissimo tempo, vi siete mostrati non soltanto nelle vostre fortezze o in tutto ciò che vi rende amabili, vi siete mostrati anche nelle vostre parti più fragili e avete scoperto, proprio in quei momenti, che esse non sono motivo per gli altri di non amarvi, ma proprio in quei momenti di vulnerabilità è sorta la forza del gruppo, l’abbraccio che consola, la mano tesa che ti rialza. Quando più deboli vi siete mostrati, è quando più forti siete stati: forti nella bontà, forti nell’empatia, forti nel coraggio di essere se stessi. Fate tesoro di quei momenti non con un inutile sentimentalismo che tante volte non porta a nulla. Fate tesoro di quei momenti perché vi ricorderanno che non stai mai solo, e che in soli pochi giorni hai conosciuto delle persone che ti amano per ciò che sei e non per ciò che hai vissuto, fatto o sofferto. 

Ecco, qualcuno nel corso di questi giorni vi ha detto: “Avrei voluto di avere il vostro coraggio alla vostra età per fare una missione. Voi siete ciò che avrei voluto essere alla vostra età”. Non perdete questo coraggio, questo movimento interiore che tra una cosa e l’altra vi ha portato a fare una missione di volontariato. E spero di cuore che quello stesso coraggio che in qualche modo o con altri nomi vi ha portato qua, sia un inquietudine interiore che vi permetta continuare a ricercare. Ve l’ho già detto qualche giorno fa ma ve lo ripeto ancora. Essere uomini e donne di fede è una grandissima fortuna. Ma la fede non è qualcosa che si “ha” ma un dono che si riceve, accoglie, custodisce e ci si sforza per far crescere, per approfondire. Solo possiamo amare ciò che conosciamo. Date un’opportunità alla fede, a Dio, quella stessa opportunità che molti di voi avete manifestando venendo più volte a messa, quella stessa opportunità che è scaturita quando vi siete sentiti carichi di un amore e di una forza che non poteva venire solo da voi, quando non solo avete vissuto il volontariato ma avete vissuto la carità: cioè avete fatto il volontariato per amore. Quel amore più grande che cercate, quel amore incondizionato che il vostro cuore anela di incontrare un giorno, quel mistero infinito che può saziare la vostra anima, è l’Amore di Dio. Che ti ama così come sei, che ti ama nella tua libertà, e che è sempre lì come un Padre che ti ascolta e accoglie per risollevarti ogni volta che cadi; ma soprattutto per dirti, anche se tante volte non te ne accorgi o forse non lo vuoi ascoltare, che ti ama con un amore eterno… 

Dopo questi 10’ o 15’ di ascolto, i ragazzi sono invitati a scrivere la ormai famosa e tradizionale lettera a sé stessi. Ognuno trova un posto del cuore, o meglio un posto che favorisca la scrittura, la concentrazione, il lasciarsi ritoccare dai ricordi di quest’esperienza. Verso le 20:30, quando tutti hanno finito di scrivere, possiamo finalmente iniziare la messa di fine missione. In questo momento, con tanto ritardo, i ragazzi stanno cucinando, mangeremo tardi, ma non importa. Domattina si parte molto presto…

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Romania

La giornata di oggi è iniziata in maniera poco comune. I ragazzi hanno fatto tantissima fatica ad alzarsi. Ovviamente siamo probabilmente arrivati alle semifinali del wrestling nella stanza maschi e questo tiene gli animi accesi fino ad alte ore della notte. Decido, sul momento, di non fare la preghiera del mattino, ma di anticipare la quarta e ultima conferenza, o meglio condivisione, sull’amore. Non so bene quanto sia stata l’attenzione, o meglio quanto abbiano colto quanto condiviso. Credo che i ragazzi erano molto stanchi, ma è anche vero che molti seguivano attentamente il filo conduttore che ho provato a comunicare. 

Dopo aver fatto colazione non dedichiamo la giornata al lavoro ma alla condivisione. Padre Albano ci ha chiesto di partecipare in una giornata di integrazione con altri giovani volontari romeni di Baia Mare. Sono i volontari a cui noi abbiamo dato una mano ogni giorno inviando 4 dei nostri ragazzi per la realizzazione di un campo scuola che raduna sia ragazzi di famiglie che economicamente stanno bene, sia ragazzi che provengono da quartieri molto poveri. Quindi dalle 10 in poi i nostri ragazzi passano la mattina con altri giovani romeni facendo giochi, balli, e tutta una serie di cose che io alla loro età non avrei gradito di fare. È vero, forse sono troppo sincero, ma tocca esserlo. In ogni caso i ragazzi giocano la loro parte, e nonostante i limiti della comunicazione, riescono a passare una piacevole mattinata conclusasi con un squisito goulash rumeno… peccato per i 37 gradi percepiti… non ho ancora capito questa “chiusura” da parte di alcuni rumeni, nel capire che di estate mangiare pasti così caldi non è per niente gradevole. In ogni caso il goulash è molto buono, ed è pur sempre, anche se caldissimo in una giornata caldissima, un dono per cui essere grati. 

Tornati a casa verso le 15 ci facciamo la foto di gruppo, poiché domani mattina presto ci lascia Nico il romano, che in realtà è palermitano, e più avanti nella giornata Tom, membro dello staff che pur stando alla sua prima esperienza come staff, e avendo solo due anni in più dai membri più grandi tra i partecipanti, ha dimostrato di essere una persona super affidabile, matura, piacevole nel tratto e nel guidare e dirigere i più piccoli, nonché una grande capacità di sacrificio e disponibilità. Inoltre ci ha fatto capire la sua grande capacità di dormire lunghe ore!

Pochi minuti dopo la foto di gruppo arrivano i bambini di Craica, o meglio vengono portati da Filippo ed Emanuele con l’aiuto di alcuni volontari dei padri somaschi. Li portiamo al fiume dietro casa, dove vengono insaponati, lavati anche con lo shampoo, e fondamentalmente trattati con molto amore e cura. Poi ci incontriamo tutti nel cortile di casa per mangiare. Alcuni dei ragazzi fanno da camerieri, altri sono seduti accanto loro per accompagnarli, mentre altri continuamente sistemano le cose che piano piano si sporcano e creano disordine. In pratica a casa capita la terza guerra mondiale, con bambini che corrono e vengono rincorsi dai nostri, che forse non sanno neanche come mangiare con le posate e buttano buona parte del cibo per terra, per non parlare del momento in cui arriva la frutta e inizia una guerra di pesche mangiate a metà. Alla fine li salutiamo con un pochino di nostalgia, anche se domani li rivedremo ancora. Alcuni bambini sono veramente adorabili, molto “amabili”, ma altri un po meno… è forse brutto da dire, ma è anche vero… ed è tutto un esercizio nell’amore: amare senza pretese di nessun tipo di ritorno. 

Una volta che i bambini non sono più a casa tutti i ragazzi iniziano a pulire. Francisco ed io accendiamo le brace, è l’ultima notte di tutto il gruppo insieme e vorremo sia speciale. Diamo inizio al talent show, dove i ragazzi lasciano che tutti vedano i loro talenti. Hanno prevalso le presentazioni comiche o di magia, e solo un paio di ragazze decide di comporre una canzone tutta loro sull’esperienza delle missioni. In effetti, per unanimità dei giudici, vincono loro: una felpa di missioni Romania a testa! E poi… barbecue stile latinoamericano, non dico argentino, anche se Filippo e Francisco lo sono a metà, solo perché io sono dal Perù. Siamo un po “frustrati” dai barbecue, o meglio tentativi di barbecue da parte del cuoco rumeno, e decidiamo di prendere in mano la situazione. Brace due ore prima di grigliare, lasciare che il fuoco smetta e cuocere lentamente pezzi interi di carne, lasciando che il grasso si sciolga lentamente e dia un gusto più saporito alla carne. I ragazzi sono felici, non solo per la bontà della carne, ma per tutte le cose condivise in questi giorni. Il bene è diffusivo, e per quello al male bisogna rispondere con il bene. Dopo la riunione di ieri con i ragazzi, loro stessi di propria iniziativa, raccontano alle ragazze il vissuto, che a loro volta tornano da me grate per l’ambiente di condivisione che si era creato.

Sono le 23 qua in Romania, sono molto stanco, e i ragazzi stanno fuori cantando grazie a Maria che li accompagna con la chitarra. Io mi farò una doccia fredda a breve, e così andrò a dormire, che domani tocca svegliarsi presto per salutare Niccolò, ma poi chiaramente si torna a letto!

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Romania

La mia giornata inizia, come promesso la notte scorsa, alle 5. Però alle 6 sono di nuovo a letto dopo un po di prove di scatti fatte dal mio amico delle uova. Alle 7:40 siamo tutti pronti per la preghiera. I ragazzi sono visibilmente non stanchi, di più! I tornei clandestini di wrestling nella loro stanza fino a tardi hanno queste conseguenze. Negli ultimi giorni, a causa delle poche ore di sonno, una volta finita la colazione quei ragazzi che non devono lavare o sparacchiare hanno usato quei pochi minuti prima dei lavori per farsi un ulteriore dormita. Oggi però decidiamo che devono lavorare senza perdere tempo, quindi appena finiamo di mangiare mandiamo tutto il gruppone, tranne i 3 al servizio, dietro a casa a continuare a scavare le fondamenta.

È una giornata come le altre, anche se inizia con un pochino di pioggia, il sole esce e ci “fa male” come tutti gli altri giorni. Un gruppo di ragazze sono destinate a pulire il loro bagno, missione molto tosta devo dire visto che giorno dopo giorno, per qualche strano motivo, hanno deciso di non prendersi cura dovutamente. In compenso, tutti i maschi che rimangono dietro a scavare, rompono per sbaglio una fogna… quindi lascio alla vostra immaginazione due ore di spallare rifiuti della fogna sotto il sole. 

Pranziamo tutti insieme ma riposiamo meno del solito, poiché alle 15 padre Albano ci chiede di essere presenti durante la consegna di un’ambulanza che si è fatto regalare in Italia. L’ambulanza sta qua a casa da due o tre settimane, e oggi è stata di fatto data a una casa di cura di poche risorse. Alle 16 un gruppo di ragazzi chiede di rimanere per continuare a zappare, mentre le ragazze e alcuni maschi vanno a Craica per giocare con i bambini. C’è da dire che negli ultimi giorni i maschietti stanno apprezzando molto il lavoro fatto insieme, la camerata, il senso di amicizia che si crea all’interno di un gruppo da solo maschi. 

Il resto della giornata si divide in doccia, messa, cucinare, cenare. Alle 21:30 raduniamo le ragazze nella sala pranzo, mentre i ragazzi si riuniscono nel gazebo. Decido di fare un esperimento e non continuare a dividere il gruppo dei 15 maschi in due da 7 e 8 (scelta iniziale per facilitarmi la gestione), e di fare un unico gruppo con tutti quanti, mettendo alla prova le mie capacità di gestione di gruppi. E su questo dipendo molto dai gruppi, e dai personaggi. C’è da dire che una volta raggiunto il momento della serietà, i ragazzi sono seri e si ascoltano con interesse, intervengono ai loro interventi confrontandosi con rispetto, ma soprattutto con affetto e interesse: c’è un grande desiderio di aiutarsi a vicenda, di sostenersi. Anche oggi qualcuno piange, apre il cuore e racconta ciò che lo fa soffrire. E capita che la tematica si replica per più di uno di loro. Per quanto posso qui raccontare, so solo che a fine gruppo c’è stato un aumento significativo della domanda dei cellulari dello staff per fare chiamate. 

È vero che l’età dell’adolescenza è quella in cui un po si cerca di mettere un limite, o addirittura allontanare, l’azione dei genitori. Ma è anche vero, al meno per come la vedo io, che è l’età in cui più hanno bisogno di sentirsi supportati dai loro genitori, non giudicati, o ridotti ai risultati scolastici (dove molti fanno fatica). Mi azzarderei a dire che nel caso dei maschietti, è il periodo in cui la figura del papà diventa più che mai necessaria, poiché iniziano a crescere e a confrontarsi con quelle domande sul futuro dove il papà sprona e lancia alla vita. Un figlio maschio, in fondo, soffre, e molto, se non può avere un rapporto armonioso con il proprio padre, se non sente di poter condividere tempo con lui, o se non percepisce che il proprio papà desidera passare del tempo insieme. Poi è anche vero che l’età dell’adolescenza è come una schizofrenia, nel senso che vogliono sentirsi e sapersi amati dai genitori, ma allo stesso tempo vogliono un po tenerli alla larga. Fare il genitore è un arte, che nessun libro può insegnare, che solo la vita, e tutti gli sbagli, possono educare. Quando i genitori mi chiedono come fare con i figli in questo periodo complicato della crescita, rispondo, forse un po sempliciottamente: comunicate, passate del tempo con loro, fatteli sentire che li amate, e che non sono ridotti ai loro successi scolastici, sportivi, e via dicendo, ma che li amate a prescindere di tutto. Allo stesso tempo non rinunciate ad essere autoritari, nel senso buono, e autorevoli per loro. I ragazzi imparano più dall’esempio che dalle “ramanzine”. I ragazzi possono essere grandi e forti quanto volete, ma hanno sempre bisogno di sapersi preziosi, in un mondo che li giudica tante volte di inadeguatezza, agli occhi dei loro genitori. 

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