Missioni 2018 Ecuador e Perù
“Ho nel cuore di Dio un posto unico, un ruolo unico e insostituibile, che non possono essere assunti da nessun altro”
Luglio 17, 2018 - Missioni 2018 Ecuador e Perù
Alzataccia alle 02:30… forse ho esagerato un po’, avendo dimenticato che il volo era nazionale e non internazionale, ho pensato che dovevamo stare in aeroporto quasi 3 ore prima… invece sarebbe bastato arrivare 90′ prima… almeno abbiamo avuto modo di fare colazione. Certo non poteva mancare l’ “impanicata” del giorno… neanche eravamo a dieci minuti in pullman dall’albergo verso l’aeroporto che il genio di turno dichiara di aver perso il passaporto… si ci siamo fermati per 5 minuti finché, il genio di turno, l’ha trovato in fondo allo zaino…
Volo alle 06, durata totale del volo 35′, aeroporto minuscolo a Manta, della serie che la fascia per le valigie era già piena con un terzo delle valigie del nostro gruppo, e poi pullman per due ore verso san Vicente a Canoa. Quindi verso poco dopo le 9 eravamo già nel nostro albergo “Alcatraz”… un nome e una garanzia.
Ho distribuito i ragazzi tra le diverse casette, bungalow da 5 e 6 persone, in totale 10; e alle 10:00 siamo andati nel centro del paesino, un km a piedi sul lungomare, per fare la scorta d’acqua e cereali, e le solite porcate che mangiano i ragazzi! Un gruppo di ragazzi però ha preferito rimanere sulla spiaggia a giocare a calcio e a fare il bagno nel mare. Abbiamo mangiato alle 12:30 un ottimo pesce con lenticchie e poi… pisolino fino alle 16:30, almeno per me e per poco meno della metà del gruppo.
Abbiamo iniziato ufficialmente il viaggio alle 17, con il primo raduno, per chiederci insieme cosa siamo venuti a fare, per quale motivo siamo qua, alcuni anche tante volte, contro tanti pronostici e nonostante i consigli di molti di fare altre esperienze! Ci siamo chiesti per chi siamo qua, e per Chi siamo qua. Ho ricordato i ragazzi che l’esperienza la fanno loro, che noi possiamo dare tutti gli spazi necessari a un’esperienza ricca di momenti di interiorità e di aiuto al prossimo, ma quando un cuore rimane chiuso c’è poco da fare, e quel lavoro, cioè quello di aprirlo e allenarlo all’amore, dipende dai ognuno dei ragazzi, da ognuno di noi…
Dopo aver consegnato i cellulari, che riavranno il 24 quando lasceremo san Vicente, ogni ragazzo ha ricevuto un libretto di poco più di 200 pagine, con le preghiera del giorno, la riflessione del giorno, e dei testi per seguire la traccia scelta per il viaggio, quella del Sentirsi Amati di Nouwen. Poi alcuni hanno ricevuto la lettere a se stessi, scritta l’anno scorso o due anni fa, a seconda di quando è stato l’ultimo viaggio di missioni al quale hanno partecipato. Alle 18:30 abbiamo camminato verso la parrocchia, per fare l’adorazione eucaristica. La riflessione è stata questa qua.
Dopo la cena delle 20.30, verso le 21:15, ho tenuto la prima diciamo conferenza, anche se in realtà, a differenza delle conferenze delle prime missioni, quelle delle seconde missioni sono molto più corte, e più che altro servono da introduzione all’antologia di testi che abbiamo preparato per i ragazzi. Quindi la prima traccia del viaggio, la prima di sei, porta per titolo Essere l’amato… Nessuno può amare se prima non si scopre amato, profondamente amato e di conseguenza guarito. È vero che la guarigione può essere molto lenta, o durare tutta la vita, ma già lo stare in cammino, guarendo, è un grande sollievo e fonte di speranza. Non esiste ferita, storia, dolore, che l’esperienza di un amore autentico e generoso, direi incondizionato, non possa guarire e trasformare in qualcosa di profondamente bello… certo bisogna aver gli occhi per percepire e cogliere quest’amore, essere sensibile ai segni che ci concede la vita. Scoprirsi amati ci consegna una sicurezza che niente ne nessuno potrà mai smuovere, ma nell’amore non si vive di rendita e quindi quest’amore deve essere rinnovato nel quotidiano.
Oltre i testi presenti nel libro di Nouwen mi tengo stretto il seguente pezzo, tratto fuori dall’ “Arte di essere fragili” di d’Avenia, non parla di Dio, ma quasi quasi:
Finita l’introduzione, i ragazzi hanno avuto mezz’ora per riflettere e leggere i testi scelti, e dopo, verso le 22:15 abbiamo fatto la preghiera della sera… poi con alcuni, letteralmente eroi dopo la lunghissima giornata, abbiamo pregato il rosario sulla spiaggia, inutile dire che è stato un modo bellissimo per finire questa giornata e prepararci ai giorni che abbiamo davanti.“Quegli occhi che fra millioni si posano su di noi e solo su di noi, come a dirci “scelgo di guardare te, tra tutti”, ci tirano fuori dall’anonimato, dalla terra degli sbagliati e degli invisibili, aggiungendo la dimensione della profondità alla nostra vita, perché ci raggiungono dove originiamo. Quello sguardo ci perdona di essere come siamo, ci permette di abbassare le difese per lasciarci amare, ci rivela che andiamo bene così, con le nostre insuficienze e fragilità. E la prima cosa che racconteremo a quegli occhi a tu per tu non sarà certo quanto siamo bravi e belli, i nostri risultati, ma proprio quanto siamo piccoli e fragili, perché finalmente abbiamo trovato qualcuno capace di guardare la nostra nudità senza farci sentire nudi, bensì vestiti proprio di noi stessi. Quello sguardo ci aiuta a indossare la vita, la nostra vita, come il più bello degli abiti, a superarci e a raggiungere la nostra altezza e bellezza, come lo sguardo del giardiniere permette al seme di rosa di diventare fiore. Chi lo trova, scopre cosa sono la misericordia, il perdono, la maturazione. Il bambino si ri-conosce negli occhi della madre e del padre, l’amata negli occhi dell’amato e viceversa. Senza questi occhi non si può crescere dalle radici, non si può essere sin dal sottosuolo freddo e sporco. E non si può essere poi stelo, foglie, fiore, frutto. Per questo l’amore è vera e proprio esperienza di salvezza: “Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né d’altre cose simili. Ma ho bisogno d’amore”.”