Missioni 2018 Perù
“La cosa importante è cogliere la bellezza collaterale”
Giugno 26, 2018 - Missioni 2018 Perù
La giornata ha inizio come la giornata precedente, ovvero alle 07 con la sveglia dei ragazzi dello staff. 07:30 preghiera del mattino seguita dalla desiderata colazione. Per oggi è stato deciso che un gruppo dei maschi esca 30′ prima degli altri in direzione dei vulcani… dovevamo riempire un camion di pietra vulcanica, dalle “canteras del sillar”. Nel frattempo il resto del gruppo è partito nel solito orario delle 08:30 verso la scuola Nueva Alborada, per continuare con i lavori. Solo alle 12:30 eravamo di nuovo tutti insieme, per mangiare il pranzo al sacco e poi dedicare 90′ al lavoro prima di partire per gli orfanotrofi e l’ospedale.
A proposito ieri ci è stato detto che uno degli ospedali non avrebbe potuto più ospitarci, e quindi siamo stati destinati ad una casa di accoglienza per ragazze che sono state vittime di abuso famigliare, e di conseguenza tolte dalla custodia famigliare. Oggi però il pensiero va ai bambini che si trovano nell’area di pediatria del ospedale generale Honorio Delgado di Arequipa. Non riusciamo a capire se quello che ci colpisce di più sia la loro vulnerabilità o l’ingiustizia che si prova nel vedere bambini così piccoli affetti di malattie che li tengono a letto, e che in alcuni casi se li porteranno via. Per tutti noi, ma particolarmente penso per i ragazzi, è molto forte l’esperienza di avere a che fare con una fragilità così evidente e con la quale non si fa niente per nasconderla. Siamo praticamente cresciuti con l’idea che fragilità e debolezza sono due cose da tenersele strette e private, realtà di cui a nessuno li importa e che pur esistendo è meglio far finta di niente, non a caso viviamo nell’epoca dei social, dove ogni cosa che postiamo deve mostrare quanto è pazzesca la nostra vita e che non abbiamo niente da invidiare a nessuno, anzi! Ma in ospedale la sofferenza e la fragilità riempiono tutta l’atmosfera e non esiste via di fuga, sta lì, per essere contemplata, anzi per lasciarci coinvolgere.
A quest’esperienza già dura di suo si aggiunge il fatto che le persone prostrate a letto sono dei bambini piccoli, alcuni dell’età dei ragazzi italiani, altri probabilmente hanno l’età di qualche fratello o sorella rimasti in Italia. E questa dolorosa realtà fa venire tante domande ai ragazzi, ma anche a noi che li accompagniamo… che senso può avere tutto questo? che hanno fatto loro per soffrire? Ha un senso il dolore? la sofferenza? Perché? Sono domande che probabilmente in questa vita non troveranno risposta… però un tentativo possiamo darlo, perché questi bambini, con la loro testimonianza di vita, ci ricordano quanto sia preziosa la nostra propria vita, la nostra salute, e quanto è importante sia non dare per scontato ogni momento di vita, di salute, ma anche ci dicono con forza che non abbiamo tempo da perdere in cose futili, che la vita è troppo preziosa per sprecarla in banalità e azioni o realtà che non ci riempiono il cuore, che non ci riempiono e non ci fanno crescere in umanità.
La sera infatti, arrivati a casa, era prevista la visione del film Collateral Beauty… purtroppo il proiettore a nostra disposizione non reggeva la risoluzione del film e quindi Dani, a cui era affidata la riflessione d’oggi, ha dovuto un po improvvisare e spronare i ragazzi a riflettere sulla sofferenza come occasione di crescita e di affrontare la realtà nelle sue angolature più profonde. La sofferenza è infatti una porta che ci può condurre alla disperazione più grande, o che, se pressa in un ottica d’amore (che può suonare folle) ci può trasformare in persone capaci di accogliere e di empatizzare più facilmente con chi soffre e ha bisogno di qualcuno. La sofferenza ci ricorda che non siamo noi ad avere l’ultima parola sull’esistenza, che non potremo mai controllarla al massimo. La sfida più grande però è stato l’invito a percepire, nel silenzio interiore, la bellezza che giace anche nei momenti di dolore e di fragilità…
Dani ha concluso la sua riflessione citando I quattro amori di C.S. Lewis:
“Amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire per causa sua, e magari anche a spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura con passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara, del vostro egoismo. Ma in quello scrigno (al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto) esso cambierà: non si spezzerà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile. L’unico luogo, a parte il cielo, dove [il tuo cuore] può essere perfettamente salvo da tutti i pericoli e perturbazioni dell’amore è l’inferno.”
Dopo gli applausi dei ragazzi, le ragazze sono andate in cappella per fare la preghiera della sera, mentre i ragazzi sono stati divisi in 5 gruppi per dialogare su quanto esposto da Dani in relazione all’esperienza che abbiamo fatto questi due primi giorni. Sempre nei gruppi abbiamo fatto la preghiera della sera e finalmente siamo andati a dormire. Domani sarà una giornata più dura, non perché cambi qualcosa, ma perché la stanchezza si accumula e i muscoli iniziano a sentirne la fatica.