Missioni 2018 Perù

“Ma basta l’amore per poter guarire le ferite?”

La terza giornata di lavoro è arrivata alla fine… come ogni giorno ci siamo svegliati molto presto, preghiera del mattino e poi colazione. Prima però della preghiera un invito ai ragazzi: Le missioni sono un viaggio in Perù alla ricerca del fare del bene, del donarsi, ma sono anche un viaggio interiore, spirituale, per ascoltare sé stessi, il proprio cuore…  e nel silenzio esperimentare quel amore che tutto lo fonda e in cui tutto trova senso, persino la sofferenza. 

Siamo al terzo giorno di duro lavoro nella scuola Nueva Alborada, la fatica accumulata dei giorni si sente sempre di più, ma i ragazzi, molto positivamente, non ne dimostrano questa stanchezza quando si tratta di lavorare. Stranamente, o meglio, mai mi era capitato un gruppo in cui praticamente nessuno cercassi di risparmiarsi o evadere il compito della fatica. Se ce una caratteristica distintiva di questo gruppo, è che sono ragazzi che sanno a cosa sono venuti, e che nel lavoro, per quanto nell’immediato sia poco appagante, trovano un modo concreto per vivere l’amore e il servizio. I compiti a loro affidati sono molto sterili, nel senso che i risultati non si vedono, stiamo praticamente costruendo le basi, per certi versi può anche essere un lavoro noioso, ma la consapevolezza che si sta costruendo qualcosa di più grande, e che data la sua grandezza ha bisogno di basi solide, rende la fatica più sopportabile. Devo anche dire che il senso di gruppo, l’amicizia, fa il suo, si supportano tra di loro, si scambiano i ruoli per poter reggere di più i lunghi turni di lavoro… la forza dell’amicizia, amicizie che si stanno piano piano creando, rende il compito più alla mano, e da un senso e un sapore diverso a quanto affrontiamo ogni giorno… è la certezza di sapere di non essere soli…

Nel pomeriggio i soliti cinque gruppi sono andati ognuno in una struttura diversa… la mattina però avevamo ricevuto la chiamata di uno degli orfanotrofi, dicendoci che oggi non avrebbero potuto accoglierci. Durante la mattina quindi abbiamo cercato un alternativa, che alla fine ha presso forma concreta: la visita all’asilo per anziane abbandonate San Vicente. È una vecchia “casona” ai margini del centro storico di Arequipa. Qua accolgono anziane che non hanno più nessuno, proveniente nella sua stragrande maggioranza dalle montagne, molte non parlano neanche lo spagnolo, ma si comunicano con i gesti o con delle parole in quechua. Sono piccolissime, incurvate, con tantissime rughe, pochi denti che fanno del loro sorriso qualcosa di molto buffo quanto commovente; ma hanno uno sguardo che spiazza, mi azzarderei a dire che è uno sguardo che accoglie e che ama pazientemente. Fa impressione anche qua l’esperienza dell’abbandono, il sapere che si tratti di persone che arrivate agli ultimi momenti dell’esistenza in questa vita hanno perso tutto, ma hanno perso forse la cosa più importante che avevano, gli affetti umani… Nonostante queste perdite, ovvero la vitalità, gli affetti, e le cose materiali, queste signore che portano nel viso gli anni e le sofferenze, riescono a trasmettere pace e amore, e un sorriso che commuove tutti quanti. Non servono le parole e neanche qualche gesta con le mani, basta uno sguardo. 

Le loro storie sono una più triste dell’altra, ma nel ascoltarle c’è qualcosa che non quadra, non quadra perché dai loro occhi non si direbbe che abbiano avuto a che fare così tanto e così direttamente con l’esperienza della sofferenza e dell’abbandono, soprattutto nel momento del maggior bisogno, quando la vecchiaia si porta le forze e i sogni. Forse, e dico forse perché non ho la certezza totale ma è l’unica possibilità che mi rimane, l’esperienza di riscoprirse amate ed importanti per qualcuno in questa casa che li accoglie e le riempie di amore, basta magari non per cancellare il dolore dell’abbandono, ma si per trasformare anche solo un po questo dolore in gioia. Quella stessa gioia che poi sono in grado di trasmettere ai nostri ragazzi, ragazzi che nel darle da mangiare in bocca, vedono scambiarsi i ruoli quando erano le loro madri a farlo con loro. Forse questa esperienza li aiuterà a dare il giusto valore agli anziani, quelli in famiglia prima di tutto, custodi di una saggezza e di un amore che solo una vita vissuta può concedere. Forse i ragazzi cominciano a chiedersi se sia veramente possibile che l’amore da solo riesca a trasformare ogni dolore in gioia, così come sembrerebbe ha fatto con le signore abbandonate del Asilo San Vicente.

Dopo cena, i ragazzi hanno messo insieme tutte le donazioni che hanno portato dall’Italia approfittando che l’aerolinea aveva dato ad ognuno la possibilità di portare due valigie. Hanno prima deciso cosa sarebbe rimasto ad Arequipa e cosa avrebbero portato a Cañete la prossima settimana. E poi, con quanto sarebbe rimasto ad Arequipa, hanno fatto la distribuzione a seconda dei bisogni tra le diverse strutture che stiamo visitando in questa settimana. Infine, preghiera della sera e a nana, e anche oggi il tornare nel proprio letto è stato un movimento abbastanza veloce… sarà che veramente stanno lasciando tutto sul campo di lavoro, e non solo!