Missioni 2019 Ecuador e Perù

Sarà pronto il nostro cuore per permettere al seme di morire e dare frutto?

Si torna agli orari del primo gruppo, quando fare le catechesi o conferenze, chiamiamole come più ci piaccia, non potevano essere fatte la sera considerando la stanchezza dei ragazzi, che rischierebbero di prendere un torcicollo nello sforzo di rimanere sveglie e quindi di non lasciare cadere la propria testa. La sveglia rimane alle 6:30 e come sempre si prega alle 7. Dopo aver mangiato ci riuniamo in auditorio per ascoltare Dani, che approfondisce ciò che è l’amore, da un punto di vista biblico, e la cui esercitazione dovrebbe portare nella vita di ogni giorno all’unità tra bellezza, verità e bontà. Solo un amore vero, cioè disinteressato e di conseguenza gratuito, un amore paziente, che rimane, che è eterno, cioè infinito, è in grado di ridarci la serenità e pace interiore che cerchiamo. Purtroppo viviamo nel quotidiano con tante caricature dell’amore, riducendolo a solo piacere o portandolo alla “malattia” del possesso. Un invito anche a tener conto che amare ci rende vulnerabili, che quando amiamo apriamo il nostro cuore, il nostro io mostrandolo per quello che è, e consegniamo all’altro la possibilità di ferirci. Un ricordo anche di quanto detto in Ecuador, cioè che in fin dei conti, partendo dalla nostra libertà, possiamo solo scegliere chi, come e quando amiamo, ma non potremo mai decidere chi, come e quando ci amano. Ci sono tanti elementi in gioco, è una realtà molto delicata, e per ora rimane una provocazione alla riflessione, riflessione che prenderà forma in circoli più piccoli, dicendoci per età e per sesso nei gruppi serali.

Partiamo verso il lavoro alle 9:30, facciamo una breve preghiera per incominciare la giornata e ogni gruppo va nei propri spazi di lavoro. Sulla giornata di lavoro non ce tantissimo da dire. Posso solo ripetere quanto detto ieri, i ragazzi vanno fortissimo, si divertono, ridono, ce un ambiente bellissimo di lavoro. Ovviamente ci sono momenti di nervosismo, in alcuni casi anche di scoraggiamento. Inevitabilmente si cade anche nelle gare per vedere chi finisce per primo, molto meno degli anni scorsi, visto che in generale non si corre, ma si fanno bene le cose. Ci ritroviamo alle 13 per pregare il rosario e anche questo è un momento di pace in mezzo alla vivacità dei bambini che ci circondano pian piano che tornano da scuola. Alcuni sanno pregare i vari Ave Maria e Padri Nostri, altri no, qualcuno prende in mano il crocefisso del mio rosario e mi chiede chi è e perché è inchiodato. Ad un bambino basta una sola risposta: È Dio che per amore tuo ha dato la sua vita. Preghiamo ancora prima di mangiare, oggi ce l’orzo, i “salutisti” (principalmente ragazze) saltano di gioia, i divoratori, cioè praticamente tutti i maschi, mi guardano malissimo. Ho deciso che dall’anno prossimo il menù lo faccio fare a loro! Riprendiamo i lavori verso le 14:30 e andiamo avanti fino alle 16:30, quando ci rincontriamo tutti nuovamente nel parco giochi per mangiare quantità infinite di picarones, che le famiglie del posto preparano con tanto affetto e dedizione per noi. Dal punto di vista pratico, cioè del lavoro fisico, la giornata presenta degli ottimi risultati. Ce una cosa totalmente finita, a cui manca solo la vernice, e altre due a cui mancano solo le finestre. 10 case stanno finendo il tetto, hanno già messo i pomelli e i dettagli, e quindi oltre la vernice mancano le finestre, che non sono particolarmente difficili da mettere. Infine, una sola casa è abbastanza indietro, in loro difesa ce da dire che il loro terreno era particolarmente instabile, ma è anche la squadra che si diverte di più, vista la simpatia dei membri ma specialmente e fondamentale dalla presenza del unico genovese del gruppo, che ci fa divertire a tutti con le sue uscite. Un risultato tutto sommato da record, e già inizio a pensare a come distribuire i giorni di lavoro che abbiamo davanti a noi. Dovremo dare un giorno, massimo giorno e mezzo a finire le case, poi mezza giornata per benedire e i vari festeggiamenti. È molto probabile che ci ritroveremo con una giornata libera, e già penso a come sfruttarla al meglio. Anche se i ragazzi meriterebbero di far insieme una gita, credo che impiegheremo meglio il nostro tempo, e le nostre risorse, a portare i bambini in un parco giochi qua vicino. Questa proposta, portata a termine con un gruppo due anni fa e con il gruppo degli adulti nel mese di aprile, si è rivelata vincente da ogni punto di vista nel passato, quindi sono certo che lo sarà anche nel futuro… 

Si torna a casa, con il tempo adeguato per lavarsi e stare un po insieme. Alle 19 iniziamo con la messa e poi l’adorazione. Il Vangelo riprende una delle versioni della parabola del seminatore, e questa volta si sofferma nei diversi tipi di terreno che sono i nostri cuori. Inevitabilmente sorge la domanda su cosa abita il nostro cuore, e se ciò che lo abita lo rende un terreno fertile all’amore che quest’esperienza sta versando in essi. Saremo di quelli che vivono tutto superficialmente, e di conseguenza il seme non può tirare fuori le sue radici senza che esse muoiano? O saremo di quelli che rimaniamo in un entusiasmo superficiale, che ingenuamente pensiamo che la sfida dell’amore è qualcosa di semplice o che ha poco di esigente, o che in amore si possa vivere di rendita, e che quindi alla prima difficoltà, o vittime della cultura di morte dominante nel nostro occidente, il seme muore perché alle radici non arriva l’acqua pura, la luce e la terra non è fertile? O saremo di quelli che prendiamo in mano la serietà della sfida, una sfida di vita o morte perché senza amore nella nostra vita non esiste felicità, non esiste pace interiore, non esiste serenità, non esiste pienitudine di vita, ma solo idoli e brutte copie di ciò che siamo chiamati a essere e a fare. E quindi saremo forse di quelli che prendono in mano la situazione e diventano consapevoli che l’amore si costruisce di giorni in giorni, in piccoli gesti, nelle scelte quotidiane per renderci sempre più capaci non solo di amare, ma di accogliere a quanti ci amano?

Dopo mangiato ci riuniamo in auditorio, facciamo il resoconto della situazione, o della “situa” come dicono i milanesi, e ci distribuiamo in sei gruppi, ad ogni gruppo viene assegnato un consacrato, e dialoghi vanno avanti fino alle 22:30 i più veloci, e fino alle 23 e passa quelli più coinvolti.