Oggi come mai in tutte le missioni, anche quelle scorse, la sveglia si svolge liberamente, con l’unica condizione che la prima colazione sarebbe stata servita massimo entro le 10. Non so bene come sia andata la mattina in generale, mi sono svegliato verso le 8 e fatto prima colazione alle 8:30 in un tavolo con altre 9 persone del gruppo. Piano piano arrivavano altre, fino a 15 in tutto, quindi penso che le altre 35 abbiano dormito molto più a lungo. L’unico appuntamento della mattina è quello delle 12:30, in cui decidiamo di pregare il rosario nell’unico salottino dell’albergo, accanto alla reception. Si prega per le famiglie per cui abbiamo costruito questa settimana, si prega anche per quelle che ancora non l’hanno ricevuta la casa, si prega per un papà di un amico di uno dei ragazzi che è volato in cielo qualche settimana fa, e si prega anche per il papà di una amica di un altra delle ragazze del gruppo che ci ha lasciato questa mattina dopo una lunga lotta contro il cancro. Finito di pregare mangiamo insieme e ci prepariamo per partire.
Come avevo scritto precedentemente, non avrei dato la giornata libera e avrei cercato qualche alternativa che renda la nostra giornata piena… di senso. Come un fulmine, due giorni fa, mi viene in mente di portare i bambini della baraccopoli nel cinema. Faccio la gestione del caso e prenoto tutta una sala per oggi alle 15. 235 posti tutti per noi. Arrivano al cinema 126 bambini e 48 tra mamme e papà. Per molti bambini è la prima volta che vanno al cinema. L’ingresso diventa una festa, bambini che chiedono popcorn e bibite in quantità industriali, e i nostri ragazzi che usano le loro ultime risorse economiche per fare loro questo piccolo quanto significativo regalo. È bello vedere il loro entusiasmo per qualcosa di così piccolo. Un ricordo dello stupore che dovremo tutti nutrire e custodire, senza mai smettere di lasciarci sorprendere e toccare da quanto ci circonda. Poi per loro venire al cinema significa anche tirare fuori il miglior outfit, le scarpe più pulite che si possano trovare a casa, i vestiti più carini, nonché la pettinatura più adatta all’occasione. Anche gli adulti sono felici di questa opportunità, e non smettono di ringraziarci. Il film inizia alle 15 e per 2 ore assistiamo a un via va dei nostri ragazzi e dei bambini, chi alla ricerca di ricaricare il popcorn o la coca-cola e chi alla ricerca del bagno. Il film scelto è il Re Leone, che suscita l’entusiasmo non solo dei nostri ospiti, quanto dei nostri ragazzi. Anche a me sarebbe piaciuto vederlo, lo ricordo come un film che mi ha strappato le lacrime e allo stesso tempo un film che ho usato in diverse occasioni quando tanto tempo fa facevo l’insegnante di religione. Purtroppo devo passare buona parte del film fuori dal cinema scrivendo per l’attività serale. Usciti dal cinema salutiamo i nostri amici, chi in pianto, chi tra mille abbracci, e anche tante promesse di rivedersi. A 4 dei ragazzi più grandi, 5 con me, ci viene chiesto da diverse famiglie di fare i padrini di battessimo dei propri figli. Abbiamo accettato tutti, previa preparazione ovviamente, e rinviamo l’appuntamento al mese di aprile, visto che abbiamo tutti l’intenzione di far parte del gruppo di adulti che dovrebbe partire proprio in quel mese del 2020.
Rientriamo a casa verso le 18:10 e il prossimo appuntamento è alle 18:30. Leggo la tradizionale lettera di fine viaggio ai ragazzi, frutto del sacrificio di vedere il Re Leone! Ecco il contenuto della lettera…
Cañete 29 luglio 2019,
Cari ragazzi, cari amici,
Per la maggior parte di voi sono passati 16 giorni da quando vi siete incontrati negli aeroporti di Fiumicino e di Malpensa, pronti per partire, affrontando un viaggio di più di 30 ore, contando il tratto in pullman, con tanto di mezzo rotto, da Guayaquil a Canoa. Non so voi, ma per me sono passati molto in fretta tutti questi giorni, specialmente questi ultimi 6 giorni trascorsi qua a Cañete.
Non è oggetto di questa, chiamiamola, lettera, fare un resoconto di quanto abbiamo vissuto. Avrete online una sorta di diario che ho provato a scrivere quotidianamente, con qualche pensiero o riflessione. Ovviamente partite dal mio punto di vista, da ciò che vivevo io o da cosa mi risulta stavate vivendo voi. Avrete anche una cartella con centinaia di fotografie che vi permetteranno conservare nella memoria i diversi momenti del viaggio. Ma più importante ancora di qualsiasi diario o di qualsiasi album fotografico saranno tutte quelle cose che riuscirete a custodire nei vostri cuori, perché nel fondo qua, come nella vita, si gioca tutto nel nostro cuore, ed è nel nostro cuore che vorrei portassimo il nostro sguardo nei prossimi, spero, brevi minuti.
Cosa ti porti di ritorno in Italia? Di cosa si è riempito il tuo cuore? Riesci a darli un nome? Non è una domanda scontata e meno ancora lo è la risposta. Condividiamo più o meno tutti che l’esperienza di questi giorni è stata un’esperienza di amore, di libertà, di trovare un senso al nostro fare quotidiano. Niente di tutto ciò sarebbe vero se ognuna di queste dimensioni non fosse nata da un’esperienza del vostro cuore, un cuore leggero ma allo stesso tempo capace di andare in profondità. Un cuore che è stato allenato, giorno dopo giorno, a fare piccoli passi, anche sacrifici, per poter disporsi ad amare di più. Il cuore è il nucleo della tua persona, lo spazio più intimo, quello dove stai tra te e te, e in cui solo tu puoi decidere chi far entrare tra el persone che ti circondano. È anche lo spazio in cui agisce Dio, lo spazio dove ti parla, nonostante le tue ansie o il tuo caos interiore. È lo spazio dove sei nudo o nuda, e dove non puoi ingannarti. È lo spazio in cui sai se sei pieno, se sei felice, se sei sereno, e se quanto fai o semini nella tua vita, è vita o morte, morte in vita.
Di cosa è pieno il tuo cuore? A che cosa è attaccato? Il tuo cuore è un cuore libero? Solo un cuore libero può amare davvero. Solo un cuore libero può guardarti per ciò che tu sei, e quindi per ciò che vali, e non tanto per ciò che fai o riesci a ottenere con i tuoi sforzi. Lo sguardo che hai su di te, lo sguardo del tuo cuore su di te, è lo stesso sguardo che avrai sugli altri e di conseguenza è uno sguardo che condizionerà il tuo modo di amare. Come abbiamo avuto modo di ricordarvi più volte, nelle nostre mani, nella nostra libertà, c’e la possibilità di scegliere chi amare, quando farlo e come farlo… ma non fa parte della nostra libertà scegliere chi ci amerà, come o quando lo farà. Sarà solo compito nostro l’accettare o rifiutare questo amore. So che questo può essere una grande sofferenza a tanti livelli, in fin dei conti la nostra umanità ci richiama a una certa reciprocità, che purtroppo tante volte non arriva. Forse siamo troppo attaccati alla logica dello scambio, del dare per ricevere, del misurare quanto do in proporzione a quanto mi è stato dato. Purtroppo un amore vissuto così non è amore, si tratta di un cuore libero, o schiavo dal rendiconto dell’altra parte. Il vero amore si dona e basta, e sa che così facendo si rende vulnerabile all’altro, per consegnare la parte più preziosa, e più sensibile e fragile allo stesso tempo, a qualcun altro che diventa qualcuno in grado di ferirci. Purtroppo siamo tutti noi cresciuti in questa cultura della logica dello scambio equo, ma in amore la matematica non conta, non porta la meglio, perché in amore semplicemente non esiste. In amore c’è sempre uno che da più dell’altro, è sempre così e non c’e nulla che tu possa fare. O meglio, l’unica cosa che è nelle tue mani è l’amore che metterai nei tuoi rapporti, nelle tue azioni e nelle tue scelte. Solo un cuore veramente libero può amare così.
Ma un amore così non arriva come per magia. Un amore così ha bisogno di nutrimento, può solo nascere da un cuore che trova la sua sorgente altrove, non in noi stessi che siamo così piccoli, così fragili, così rotti o spezzati. Con questo non voglio dire che l’amore umano sia da buttare, o che non serva a niente, ne abbiamo profondamente bisogno. Ma è un bene riconoscere che l’amore di cui ha bisogno il nostro cuore, che ce lo esige proprio, è un amore che non potrà concederci niente che viene da questo mondo. C’e nell’anima dell’uomo qualcosa di troppo grande per poter essere riempito solo con la finitudine di quanto ci circonda. Tante volte la nostra esperienza, persino nei rapporti o nelle esperienze più belle, è che prima o poi finiscono. Invece il cuore dell’uomo è fatto in modo tale da desiderare sempre di più. Potremo avere tutti i beni del mondo, tutte le possibilità del mondo, raggiungere tutti i nostri obiettivi, e dovremo sicuramente andarne fieri, perché saranno frutto, si spera, del nostro sforzo, ma niente di tutto ciò potrà mai placcare la sete di amore che sgorga dal nostro cuore. Dinanzi a questa consapevolezza, rimaniamo come di fronte a un bivio.
O diventiamo cinici, cioè non ci aspettiamo più nulla dall’amore, rassegnandoci a vivere con una consapevolezza che non ci permetterà mai di sognare, di desiderare, di fare affidamento a qualcuno, perché niente ne nessuno potrà mai consegnarci questa serenità a cui ogni cuore anelita. Vivremo quindi alla ricerca del controllo su tutto, e su tutti, come se ogni cosa dipendesse solo e unicamente da noi, come se l’universo intero si limitasse a ciò che riesci a vedere o sentire, dimenticando che in realtà è ben poco quanto possiamo controllare.
L’alternativa a questo cinismo, è, secondo me, la ricerca di questo amore che esiste a prescindere, che ti dice che vai bene così, che ti vuole così come sei, che non sei da buttare, che non chiude gli occhi dinanzi alle nostre ombre ma che le abbraccia proprio, perché non ha paura della nostra imperfezione, non teme la nostra fragilità, anzi le ama più di qualsiasi cosa perché è proprio lì, nel tuo limite, nella tua esperienza di bisogno e di riscatto, nella tua esperienza di piccolezza, che l’amore di Dio può agire. Dio non potrà mai agire in te se pensi di essere già arrivato, se ti credi perfetto, se pensi che non hai bisogno di nessuno e niente o che ti basti a te stesso. Puoi essere la persona più brava e forte al mondo, puoi anche essere moralmente intoccabile, ma c’e prima o poi un richiamo interiore che trascende ogni cosa che tu sei in grado di fare o di conquistare, c’e un punto nella vita in cui essere bravi o giusti non basta. È curioso come il Vangelo con cui abbiamo iniziato questo viaggio inizia proprio con la domanda, da parte di uno che considera se stesso come perfetto nella legge, su come fare per raggiungere la vita eterna. La stessa domanda che porge a Gesù quel giovane ricco del Vangelo, quel giovane che quindi aveva tutto materialmente, e che era pure un uomo giusto, e che nonostante ciò percepiva dentro di sé il bisogno di una risposta che andasse oltre e non finisse li, sull’orizzontalità del nostro mondo. Dietro la domanda sulla vita eterna si nasconde la domanda sulla felicità, sulla pace del cuore, che è ciò che ognuno di noi probabilmente ha più a cuore, magari con tanti nomi. Quindi torniamo al cuore, c’è nel tuo cuore la fame, la sete, la voglia di questa eternità ? O pensi davvero che il tuo cuore sarà apposto con le briciole di amore e valorizzazione che scegli o che ti lasci vendere dalla nostra società, quei contentini che magari ti placano per qualche tempo ma poi ti lasciano anche più vuoto di prima. Vuoi trovare la pienezza nel fare festa, nel possesso, nell’accumulo di beni? Vuoi trovare nella lode ai piaceri totalmente slegati dall’amore? Fidati, o pensaci, ogni volta che hai provato le gioie del divertimento mondano, te ne sarai accorto che non ha niente a che fare con l’esperienza di pienezza che ti da aiutare il tuo prossimo o vedere il bene che puoi fare, cioè vedere che la tua vita può avere un senso molto più grande di quanto ti offre il nostro caro mondo moribondo. Guarda il tuo cuore e chiedi se una sola delle tue feste, delle tue ubriacature e meglio restiamo con quello come esempio, pensaci se una sola di quelle cose ti ha riempito, ti ha mai fatto tremare come le esperienze di questi giorni. Quando adulti in lacrime ti chiamiamo angelo perché avevi fatto loro una casetta. Quando eri vittima dell’affetto di tutti questi bambini che ti abbracciavano veramente senza aspettarsi nulla in cambio. Dimmi, anzi non a me, non importa un tubo quanto tu possa dire a me o a chiunque di noi consacrati, dillo al tuo cuore se la pienezza e le emozioni provate in puntuali momenti lungo queste missioni non valgono mille serate, sii sincero con te stesso…
Sai perché è importante, questione di vita o di morte, che tu ti possa lasciare incontrare da Dio e da Lui amarti? Perché tu hai bisogno di Lui quanto Lui ha bisogno di te. Certo, da una parte sappiamo che la nostra vita è minuscola, e che in termini fisici o storici, se il giorno di domani moriamo, non cambia nulla, ma proprio nulla. Ma facendo accenno a quella profondità che vi chiedevamo dal primo giorno, ricorda che sei unico, che come te non c’e stato, né c’è né ci sarà mai nessuno. E ricorda anche che morirai, e che non sta a te decidere né quando né come. E queste due verità, certezze, rendono la tua vita ancora più unica, perché sei l’unico in grado di viverla. Dio ha bisogno di te, perché sei unico, perché senza di te si perde qualcosa di unico nel mondo, nel mondo delle persone che solo tu potrai amare, con le quali solo tu avrai parole da pronunciare, e alle quali solo tu potrai fare determinati gesti. Se uno solo di voi venisse a mancare in questo gruppo, ognuno di noi perderebbe più della tua persona, perché si perderebbe tutto ciò che tu susciti negli altri e del quale gli altri siamo dei beneficiari. Niente della tua vita è da buttare, ti serve tutto, perché tutto tutto, anche i momenti più dolorosi, ti hanno reso la persona che tu ora sei, hanno aiutato a costruire quella unicità che ti ritrovi ogni mattina dinanzi allo specchio. Sai che c’è… solo la fede ti potrà dare uno sguardo sulla tua vita che non la vede come un disastro, ma come un’opportunità, di crescita, di amare sempre di più, di generosità. Sola la fede, fede vera quanto semplice, è in grado di donarti quella pace e serenità che il tuo cuore tanto desidera. Perché è la garanzia di un amore eterno, di un amore che non finisce, di un amore che sta sempre lì per te pronto ad abbracciarti, a sostenerti, a proteggerti, di quell’amore, rapporto, del quale abbiamo bisogno per lasciare andare tutte le nostre ansie e angosce, perché credi finalmente che è vero che sei nelle mani di un padre amorevole e non in preda al destino. Perché è la garanzia della speranza della vita dopo la morte in grado di trasformare un momento drammatico come la morte, in qualcosa di dolorosamente bello. Sai quando ho visto la potenza della fede in questo viaggio? Quando immeritatamente sono stato invitato ad una delle casette della baraccopoli, dove vegliavano un morto, un uomo di più di 80 anni che è morto mentre era seduto al suo lavoro la mattina di ieri. E mentre mi rivolgevo a la vedova, immaginando a quanto hanno vissuto insieme in tutti questi anni di povertà economica, più di 50 anni di vita passata insieme, cercavo di pensare all’esperienza di perdita di questa signora (cioè ha perso il compagno di una vita!). Sono solo riuscito a dirle che il suo marito ora stava nel cielo, che si prendeva cura di lei e la stava aspettando per quando sarebbe stato il momento giusto. E sapete che c’è. Se le mie parole fossero andate a finire in una persona di poca fede, probabilmente non avrebbero suscitato quanto sto per raccontarvi: la vecchietta, tutta rugosa, alta un metro e cinquanta, con gli occhi lucidi e rossi dai pianti, è riuscita ad alzare lo sguardo verso di me, con una tenerezza che poche volte in vita mia ho provato dinanzi a uno sguardo, mi ha sorriso, mostrando la vecchiaia della dentatura con qualche dente venuto meno, dicendomi: Si, ora veglia su di me e mi sta aspettando nel cielo. Si lo so, forse è una cosa molto piccola, ma la serenità di quelle parole, di quello sguardo, la felicità di quel sorriso, non erano frutto di uno sforzo umano, ma di una forza di fede che sa che nonostante tutto e per quanto ci affanniamo in questo mondo, noi non siamo di questo mondo e che la nostra vera casa è il cielo, è la vita eterna. Solo una fede salda e vera, una fede umile, è in grado di donarci la serenità e la pace nel cuore in mezzo alla tormente della vita. Il resto sarà sempre umano sforzo, che per quanto necessario, sarà sempre insufficiente dinanzi alle sfide della vita, della vita interiore, della vita dello spirito.
Ecco guardiamo un ultima volta il nostro cuore. Vuoi donarli un amore infinito? o vuoi che provi ad accontentarsi con quanto scade e finisce di questo mondo? Vi assicuro che non è una strada facile, che ha bisogno di sforzo, di rinunce, di mettere in dubbio te stesso e tutto ciò a cui hai dato il valore o il compito di salvarti, di dare un senso alla tua vita. È un compito lungo, dettagliato, ma ne vale la pena, ne vale veramente la pena. Solo un cuore libero può amare veramente. Solo un cuore povero e ricco allo stesso tempo può lasciarsi incontrare da Dio e lasciarsi amare non nei tuoi termini ma come solo Lui sa fare, per il nostro massimo bene. Solo allora, potrai mettere in pratica liberamente la libertà dell’amore, e cioè amare senza riserve, senza attese, senza aspettarti nulla in cambio, e ti accorgerai che nonostante i dolori e le sofferenze, amare così vale la pena, perché amando saniamo, amando perdoniamo, perché il nostro amore non sarà solo nostro, ma un riflesso di quell’amore incondizionato ed infinito che fonda e sana tutto, l’amore di Dio in noi. Che bello vero? Poter amare gli altri come Dio ama te… ti auguro di poterlo mettere in pratica. Ricorda però che non dipende dal tuo sforzo personale, ma è un dono per chi si mette all’ascolto di Dio e prepara il proprio cuore per accogliere quel seme che ogni giorno Lui prova a posare nella nostra interiorità.
Domani tornerete a casa. Spero di cuore che sappiate portare con voi l’essenza di questo viaggio, affinché quanto avete seminato qua, possa dare frutto là. Di là c’e molto più bisogno di amore di quanto immaginiamo, e penso che di questo siete molto consapevoli. Valorizzate la vostra vita, dono unico quanto raro, e siate responsabili con essa, maturate, non in fretta, ognuno ha i suoi tempi, ma maturate, è importante essere pronti, non sai mai quando sarai chiamato in causa per qualcosa di grande e bello. Ricordati di pregare e di concederti momenti di riflessione, la cura della tua interiorità dipende da te. E questa determinerà la qualità umana della persona che sarai nel futuro.
Grazie per il vostro entusiasmo, le vostre forze, la vostra giovinezza e scusate se in qualche cosa vi abbiamo procurato disagio o qualche dispiacere, o se semplicemente non siamo stati all’altezza delle vostre difficoltà o inquietudini. Anche noi siamo limitati e fragili, più di quanto sembriamo, e anche noi siamo molto consapevoli che dobbiamo tutti fare riferimento alla fonte di amore inesauribile. Grazie anche ai ragazzi dello staff, che ora continuano il loro viaggio verso Colombia. Senza di loro, anche chi di loro è già partito, tante cose non sarebbero state possibili. Devo a loro, in parte importante, una serenità rara nel vivere il viaggio di missioni. Potrei passare paragrafi ringraziandoli, ma non è questa la sede. Grazie anche ai miei confratelli. Che bello poter annunciare il Signore, ognuno dalla persona che è e con i doni con cui il nostro Maestro ha voluto arricchire non solo noi stessi ma la nostra comunità tutta. Molti di voi non lo sapete ma come comunità negli ultimi anni abbiamo passato momenti molto duri e che purtroppo hanno messo in questione tante cose. Poter condividere quest’esperienza di volontariato e apostolato non soltanto con miei confratelli coetanei ma anche con i nostri confratelli più grandi, per non dire vecchiotti, è per me una conferma di quanto Dio ci vuole bene e di quanto la nostra comunità apostolica ha bisogno di ognuno di noi. Grazie confratelli per la vostra risposta a Dio e per servire con così tanto amore sia i nostri amici più bisognosi, sia tutti questi ragazzi che abbiamo accompagnato in questo viaggio. Grazie infine al nostro Padre Eterno, che ha reso tutto questo possibile.
Fernando
Finita la lettura, ogni ragazzo, di quelli in partenza domani, prende una busta e qualche foglio di carta per scrivere la lettera a sé stesso, che verrà chiusa bene e consegnata a noi consacrati. Ovviamente il contenuto è personale, e ognuno potrà avere la sua lettera quando lo vorrà o quando tornerà, se tornerà. I ragazzi più “letterati” finiscono verso le 20, e noi abbiamo la messa di fine missioni alle 20:30. Nella messa si percorre il Vangelo di Marta e Maria, una che serve con premura, l’altra che contempla. Un invito chiaro, al meno per quanto mi riguarda, che un servizio efficace nell’amore suppone la contemplazione di questo amore, il riempirsi di questo amore del quale solo Dio è garanzia e di cui il nostro amore è un riflesso. Provvidenziale anche considerando il ritorno dei ragazzi nella loro vita, quella dall’altra parte del mondo e dove sono chiamati a dare frutto. Ceniamo in seguito alla messa e poi c’è solo l’attesa per la partenza, prefissata alle 4:30 del mattino, orario spettacolare e un invito a fare “after” come dicono i ragazzi.
Così finisce un altro viaggio di missioni, i ragazzi tornano a casa, spero più ricchi di ciò che veramente conta nella vita. Un altro gruppo di ragazzi invece prosegue l’avventura verso la città di Medellín, in Colombia.